Costruire ponti: uno spazio abitabile
Riprendendo un’espressione di papa Francesco, papa Leone XIV descrive il nostro tempo come segnato da una policrisi. Ovvero un intreccio complesso di crisi ambientali, sociali, geopolitiche e culturali. In mezzo a guerre, migrazioni forzate, disuguaglianze crescenti, precarietà lavorativa, trasformazioni digitali e climatiche, il papa apre il suo pontificato ribadendo la necessità di aiutarci gli uni gli altri «a costruire ponti, con il dialogo e con l’incontro».
L’immagine del ponte è molto potente, ma ideologizzata potrebbe diventare un’immagine rigida. Il ponte, di per sé, da una parte evoca solidità e stabilità, dall’altra unisce due punti distanti tra loro. Ma rischia anche di diventare un passaggio unidirezionale, una soluzione già fissata, quasi un percorso obbligato. In realtà, un ponte che funziona davvero non è mai solo una struttura immobile: è un luogo dove si passa, ci si incontra, si cambia meta.
Il dialogo e l’incontro con l’altro restituiscono al ponte la sua dinamicità. Essi ricordano che la relazione non è un dato acquisito, ma un processo vivo, che richiede ascolto, interpretazione, continua conversione. Per questo, dialogo e incontro, impediscono al ponte di trasformarsi in una struttura rigida, diventando luogo abitabile ed esperienza trasformante: lo mantengono radicato nei volti e nelle storie, capace di adattarsi ai cambiamenti e alle sfide di un mondo frammentato. Spazio in cui le persone possono stare, comprendere, riconciliarsi.
Il coraggio di attraversare il conflitto
Il Vangelo ci chiede, però, di guardare con realismo all’esperienza umana: la pace non nasce mai dall’evitare i problemi ma dall’attraversali. Essere «operatori di pace» (Mt 5,9) vuol dire anche attraversare il conflitto. Il cammino della riconciliazione, infatti, non è un cammino di pacificazioni facili. Una pace che dicesse “sì” a tutto, sarebbe una pace apparente, incapace di reggere la complessità del reale e la profondità delle ferite umane. Il dialogo autentico non è mai diplomazia dell’evitamento: è un cammino che passa attraverso la possibilità del conflitto.
Papa Leone XIV nella Lettera apostolica Disegnare nuove mappe di speranza, infatti, ricorda che «la pace non è assenza di conflitto: è forza mite che rifiuta la violenza».
Anche Papa Francesco, in Evangelii Gaudium, affermava un principio fondamentale: «l’unità è superiore al conflitto» nella convinzione che bisogna «accettare di sopportare il conflitto, risolverlo e trasformarlo in un anello di collegamento di un nuovo processo»; e soprattutto «entrare nel conflitto senza imporsi, per generare una comunione che non annulla le differenze, ma le armonizza».
In questa prospettiva, educare alla pace non si configura tanto nel raggiungere un obiettivo: la pace non è uno stato da raggiungere una volta per tutte, ma è imparare a stare in un «cammino permanente di riconciliazione» (Discorso del Santo Padre Leone XIV ai partecipanti all’Incontro Internazionale di Preghiera per la Pace). Cammino che presuppone il riconoscimento delle ferite, delle ingiustizie, delle strutture che generano violenza.
Educare alla pace nel concreto
a) Educare lo sguardo L’educazione alla pace inizia con la liberazione dello sguardo. Aiutare a vedere l’altro non come minaccia, ma come promessa. È uno sguardo che nasce dalla fede nell’uomo come immagine di Dio.
b) Educare all’ascolto L’ascolto è la prima forma di pace. Senza ascolto non c’è relazione. Un ascolto che non serve a preparare una risposta, ma è apertura gratuita all’altro.
c) Educare alla gestione del conflitto È necessario formare persone capaci di passare dal “conflitto distrutto” al “conflitto trasformato”. (dal punto di vista pedagogico, questo aspetto è approfondito da Daniele Novara con il suo metodo maieutico per la gestione dei conflitti)
d) Educare alla corresponsabilità comunitaria Le parrocchie, le scuole, le famiglie devono diventare laboratori di pace: – luoghi di mediazione, – spazi di incontro reale, – comunità capaci di accogliere e integrare differenze
e) Educare alla speranza La pace è un atto di speranza. Come ricorda il Papa «la speranza non è evasione, ma decisione» (Ciclo di catechesi di Papa Leone XIV. Giubileo 2025. Gesù Cristo nostra speranza). Educare alla speranza significa educare a prendere posizione e scegliere con pazienza, fiducia, costanza.