Belfast
Regia Kenneth Branagh, 2022 | 97’
Intro
Presentato alla 16a Festa del Cinema di Roma (2021) e vincitore del Premio Oscar come miglior sceneggiatura originale nel 2022, “Belfast” è l’opera tra le più personali e riuscite del regista, attore e sceneggiatore Kenneth Branagh. Nato nel 1960 proprio nella capitale dell’Irlanda del Nord, l’autore mette a segno uno sguardo sociale e intimo, capace di esplorare le pagine della Storia e al contempo l’album di ricordi della propria famiglia. “Belfast” è diario personale del regista e sguardo sociale sull’Irlanda del Nord nell’anno dell’allunaggio, il 1969, e ci propone la prospettiva di un bambino di nove anni, che scopre da un lato lo smarrimento dell’uomo, l’esplosione di conflitti sociali sospinti da una crisi economica bruciante e da crescenti incomprensioni tra cattolici e protestanti, ma dall’altro tutta la bellezza dell’amore, dell’amicizia, della famiglia e soprattutto la meraviglia del grande schermo, il cinema.
La storia
Belfast 1969, quando gli occhi del mondo sono puntati al cielo per l’allunaggio, tra le vie della città, in quartieri abitati dalla classe operaia, si accendono duri scontri che trovano l’apice nell’opposizione tra cattolici e protestanti. Quei concitati giorni sono riflessi nello sguardo innocente di un bambino di nove anni, Buddy, avvolto dall’amore dei genitori, due onesti lavoratori che custodiscono ancora un legame solido e luminoso, come pure dei nonni sempre pronti al sorriso e alla burla. E nonostante le preoccupazioni crescenti, il lavoro che scarseggia, i negozi assaltati e le continue cariche della polizia, Buddy fa tesoro di una delle più belle stagioni della vita, scoprendo inoltre l’incanto del cinema.
Temi
Con “Belfast” Branagh compone una dedica d’amore verso la propria città natale, che ha dovuto lasciare nella stagione dell’infanzia. A quella città mai scacciata dal cuore, alla sua travagliata storia, l’autore offre questo sguardo luminoso e dolente, raccontando le sofferenze di chi è dovuto fuggire in cerca di futuro, come pure di chi è rimasto lì, tra le trincee delle incomprensioni. “Belfast” è però un film che pacifica, che ricompone le tessere di un mosaico storico-sociale frastagliato, doloroso, dove figurano frizioni tra cattolici e protestanti.
“Belfast è il film più personale che abbia mai realizzato”. Ha dichiarato Branagh, che ha aggiunto: “Mi ci sono voluti cinquant’anni per trovare il modo giusto per raccontarlo, con il tono che volevo. Può volerci molto tempo per capire anche le cose semplici e trovare la giusta prospettiva”. Ricorrendo al processo dell’auto-fiction, alla commistione tra biografia e raccordi di finzione, l’autore ha composto un ritratto di una stagione del proprio Paese natale intrecciandola con quella della propria famiglia, al crocevia di una decisione importante: rimanere lì, in quel teatro di conflitto, oppure cercare futuro lontano. Il film affascina, conquista, per lo sguardo di Branagh, per quel modo così raffinato ed elegante – l’uso del bianco e nero – di raccontare la Storia e la sua storia. Un racconto che cresce in intensità non solo grazie a regia e scrittura, ma anche per la presenza di un cast di livello, ben amalgamato: dall’espressivo esordiente Jude Hill ai solidi Caitríona Balfe e Jamie Dornan, come pure i sorprendenti veterani Ciarán Hinds e Judi Dench. Il regista firma il film della vita, un guadagno raggiunto in piena maturità artistica e personale, che gli ha permesso di accostarsi ai suoi ricordi con sguardo rinnovato e libero, sostenuto da nostalgica dolcezza.
Focus - Dialogo
“Belfast” è un film che pacifica – non importa se la prospettiva di racconto sia dichiaratamente protestante –, che ricompone le tessere di un mosaico storico-sociale frastagliato, doloroso; il suo sguardo è del tutto avvolgente. Non ci sono né vincitori né vinti. C’è sofferenza sì, ma stemperata dalla tenerezza, dove trova posto anche un diffuso umorismo. In “Belfast” il racconto non insiste sul dolore, ma allarga il campo dello sguardo inglobando tenerezza, custodia della memoria identitaria e delle proprie radici. Il film si fa portatore di uno sguardo riparatore, conciliante, un raccontare le storie di donne e uomini senza steccati, senza giudizi. Quello di Branagh è anche una dedica a coloro che si sono persi, che hanno scelto sentieri sbagliati. Nel film emerge un approccio proteso alla comprensione e alla pacificazione. Anche quando l’orizzonte si tinge di nero, anche quando tutto intorno sembra virare verso la notte più fosca, occorre riaffermare la speranza e la cultura dell’incontro segnata dalla solidarietà.
Valutazione pastorale Consigliabile, problematico, adatto per dibattiti Cfr. Commissionefilmcei.it Tag Dialogo, tematiche religiose, Storia, lavoro, povertà, emigrazione, famiglia, educazione, amicizia, cultura, cinema, solidarietà, comunità, speranza.