INDUISMO Area dialogo. Cristianesimo e induismo

Le figure del dialogo: Henry Le Saux e Raimon Panikkar

Henry Le Saux

Henri Le Saux (1910- 1973), precursore del dialogo con l’induismo, è stato un monaco benedettino francese ed un missionario che ha vissuto in India per venticinque anni, condividendo la vita dei rinuncianti indù e prendendo anche un nome monastico indiano swami Abhishiktānanda (colui che trova la gioia nell’unto del Signore). Per questo suo percorso esistenziale e monastico apripista, egli è riconosciuto essere il padre ispiratore del DIM (Dialogo Interreligioso Monastico), anche perché, nel 1950, ha fondato nel sud dell’India, insieme al prete e filosofo lionese Jules Monchanin, il monastero-ashram di Shantivanam.

La sua vita monastica è stata caratterizzata dalla volontà di mettere in comunicazione le due religioni, nella convinzione che «Il dialogo vero è possibile solo nell’al di là del dialogo, cioè nel silenzio dello Spirito, là dove si eleva ogni preghiera e comunicano tutti i cuori». La sua convinzione di fondo, era che il dialogo interreligioso non dovesse rimanere sul piano delle mere relazioni sociali, ma dovesse altresì porsi come obiettivo la condivisione degli aspetti più interiori della vita spirituale. Per Henri Le Saux, infatti, la religione doveva essere centrata su un’esperienza viva del divino.

A tutt’oggi il monastero da lui fondato, che attualmente fa parte della famiglia camaldolese grazie all’iniziativa di Bede Griffiths, porta avanti questa comprensione del dialogo e questi medesimi valori interculturali ed interreligiosi. Ciò lo si può cogliere anche dall’architettura e dall’adattamento liturgico e spirituale.

Henri Le Saux

Ciò che ha spinto Le Saux in India, è stata appunto la volontà di universalizzare la chiesa arricchendola con la sensibilità e il linguaggio religioso di questa antica civiltà. Secondo il benedettino, infatti, un’intesa tra le due religioni, almeno sul piano spirituale, non era impossibile. Era anzi convinto, come scriveva, che «si debba andare alle sorgenti indù soprattutto per diventare capaci di abbeverarsi alle più profonde sorgenti cristiane».

Il contributo del monaco francese al dialogo tra cristianesimo ed induismo è stato dunque enorme, anche indirettamente attraverso gli scritti di Raimon Panikkar, che di lui fu grande amico ed ha diffuso molte sue idee. Quando quest’ultimo parlava di dialogo intrareligioso, faceva essenzialmente riferimento all’esperienza dell’amico, secondo il quale «Prima di confrontare [TEOLOGICAMENTE] e collegare due approcci del mistero divino, il cristiano deve innanzi tutto tentare di comprendere la profondità dell’esperienza religiosa orientale».

A livello teologico, Le Saux si è confrontato soprattutto con la corrente filosofica del vedanta, che è incentrata sull’advaita (non-dualità). Egli ha persino avuto dei contatti diretti e personali con due maestri contemporanei di questo darshana indù: Aurobindo e Ramana Maharishi. Come visione metafisica, però, il vedanta solleva non poche difficoltà al pensiero cristiano, poiché nei suoi asserti centrali è possibile ritrovare varie eresie già affrontate dalla chiesa al tempo dei padri, soprattutto in rapporto allo gnosticismo, come il panteismo, l’impersonalismo, l’acosmismo ed il pelagianesimo.

Nel confrontarsi con le sfide concettuali sollevate da questa scuola filosofica, Le Saux sosteneva che la dottrina cristiana e quella vedantica non si oppongono. Al riguardo, scriveva: «Cristianesimo ed advaita. Né opposizione né incompatibilità, due piani differenti. L’advaita non è qualcosa che si opponga a qualcos’altro. Non è una filosofia, ma un’esperienza esistenziale. Tutte le formule cristiane sono valide nel loro ordine, ossia nell’ordine della manifestazione provvisoria, non dell’ordine assoluto. Senza dubbio il darshana cristiano si oppone al darshana vedanta, ma siamo sul piano delle dottrine» (Diario, 23 ottobre 1970).

Il monaco bretone ha persino ripensato il dogma trinitario alla luce del contributo terminologico del vedanta, sostenendo che «La Trinità non si comprende che nell’esperienza d’advaita. La Trinità è un’esperienza, non una formula teologica. O per lo meno il theologoumenon non coglie mai la sua verità. Quest’ultima si scopre soltanto nella limpidezza dello sguardo interiore» (Diario, 12 settembre 1973).

Va anche ricordato, rimanendo sul tema trinitario, che lui e Monchanin avevano intitolato l’ashram di Shantivanam proprio alla Trinità, mettendo in risalto una possibile comparazione tra le tre persone trinitarie ed il Sat-Cit-Ananda (Essere-Coscienza-Beatitudine) di cui parlano le Upanishad.

In aggiunta ai collegamenti con la Trinità, però, sono significativi anche i suoi tentativi tesi ad adattare il mistero di Cristo al contesto indiano. Vale la pena segnalare alcune sue citazioni in cui collega Cristo ad alcuni luoghi tematici indiani:

Cristo e satpurusha

«Il mondo è reale della realtà di Brahman, e la storia, l’evoluzione del mondo, è reale della realtà di Brahman. Cristo è l’uomo cosmico, il Purusha. Cristo è l’incarnazione dell’unità dell’essere creato. Cristo è Dio manifestato nella totalità, la pienezza dell’essere “in cui abita corporalmente tutta la pienezza della Divinità›”, Colossesi 2,9. Dio è invisibile, è non-manifestato. Questo Dio è Padre, la Sorgente, il Primo. Egli si manifesta, è persona nel Purusha. Il Purusha è nello stesso tempo molteplice e unico» (Diario, 3 ottobre 1966).

Cristo e il guru

«Che lo voglia o no, io sono profondamente attaccato a Gesù Cristo e dunque alla koinonia della Chiesa. È in lui che il “mistero” si è rivelato a me dal momento del mio risveglio a me e al mondo. È sotto la sua immagine, sotto il suo simbolo, che io conosco Dio e che conosco me e il mondo degli uomini» (Diario, 24 luglio 1971).

«Il guru non dà lezione, ma dà sé stesso: il latte materno. Anzi la propria carne da mangiare. Gesù è il guru che dà la propria carne da mangiare, il proprio sangue da bere, il proprio corpo da abbracciare» (Diario, 30 maggio 1972).

Cristo e l’atman

«Il fondo dell’anima è il mistero stesso di Cristo, il luogo dell’Incontro essenziale, la Presenza essenziale alla quale introduce la Presenza eucaristica. Cristo è essenzialmente il risveglio dell’uomo alla sua origine dal Padre; l’entrata dell’uomo nel più profondo di sé» (Diario, 22 dicembre 1954).

«L’immagine più vera di Gesù è l’advaita-aham (io-non-duale) al fondo di me» (Diario, 15 gennaio 1969).

Le Saux può essere un riferimento importante anche sul piano pastorale, per tutti quei cattolici che praticano yoga, intendono praticarlo o sono comunque chiamati a dare delle valutazioni a questa pratica ascetica. Egli è infatti uno dei pochi cristiani che non l’ha solo praticato, ma l’ha anche criticato teologicamente e sperimentato nei suoi risultati mistici. Su questo tema, al di là di quanto egli scrisse nei suoi diari, si consiglia la lettura del libro “Risveglio a Dio risveglio a sé”.

In sintesi, per i cristiani interessati all’India e all’induismo e per tutti coloro che intendono dialogare o confrontarsi con questa religione, Henri Le Saux è un passaggio imprescindibile.

Riferimenti bibliografici

  • P. Trianni, Henri Le Saux (Swami Abhishiktânanda.) Un incontro con l'India, Jaca Book, Milano 2011
  • H. Le Saux, Risveglio a sé. Risveglio a Dio, Servitium Editrice, Sotto il Monte (BG) 2011
  • H. Le Saux, Diario spirituale di un monaco cristiano-samnyasin hindu (1948-1973), Mondadori, Milano 2002

Raimon Panikkar

Raimon Panikkar

A poco più di cent’anni dalla sua nascita, avvenuta a Barcellona nel 1918, con Raimon Panikkar ci troviamo di fronte ad uno dei principali testimoni, intrepreti e divulgatori di dialogo interreligioso e di incontro tra culture che il panorama cristiano-cattolico abbia prodotto nel corso del XX secolo.

Statua di Siva

La madre catalana e cristiana appassionata di metafisica e il padre indiano e hindu, chimico di successo, rivivono nel giovane Raimon Panikkar. In lui, fin dall’inizio sono evidenti la passione per la materia – persegue gli studi in chimica – e il suo legame col cielo: homo religiousus, come amava dire. Soprattutto ciò che lo smuove profondamente è la sua duplice anima, europea e indiana, cristiana e hindu.

Cattedrale dell’Immacolata Concezione, Pondicherry, India

Prete cattolico, incardinato fino alla fine dei suoi giorni nella diocesi di Varanasi, in stretto rapporto con l’Europa, in continua relazione con l’America, Panikkar si muove sempre tra più mondi divenendone inevitabilmente interprete e testimone, anche quando si ritira nella sua amata Catalogna (Tavertet), dove, fino alla sua morte avvenuta nel 2010, continua a tenere seminari e convegni sull’incontro filosofico, religioso, culturale tra le diverse tradizioni dell’umanità.

Monte Kailash

L’unità del Reale, la ricerca dell’Uno, probabilmente l’unico, definitivo tema di tutto il suo immenso lavoro filosofico, teologico e scientifico – 70 anni di pubblicazioni in 7 lingue.

Radha Krishna

È così che l’autore indo-catalano ha lasciato un patrimonio immenso di conoscenza ed esperienze per chiunque voglia approfondire teoricamente e pastoralmente il cammino del vivere insieme interreligiosamente poiché tutte le religioni e tutte le culture hanno oramai bisogno le une delle altre «per rimanere fedeli alla parte migliore di se stesse» (Pierre-François de Béthune).

Processione cristiani indiani

Riferimenti bibliografici

  • C. Dotolo - G. Sabetta (a cura di), Ritorno alla sorgente. Raimon Panikkar tra filosofia, teologia e missiologia, Urbaniana University Press, Roma 2019