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Dialogo Attualità

Giornata mondiale della gioventù 2023 - Immagine

“Non dimenticatevi questo: il dialogo è l’ossigeno della pace, anche della pace domestica”

Così papa Francesco descrive il dialogo parlando a braccio nell’udienza generale del 9 novembre 2022. Si tratta di un’immagine efficace. I medici ci dicono che l’ossigeno è il principale nutriente del corpo umano; un nutriente che non troviamo sulla tavola, è nell’aria. Il movimento aerobico del nostro organismo ha lo scopo di introdurre maggiori volumi di ossigeno in modo tale da tenerci in vita, crescere e sviluppare il corpo, svolgere tutte le azioni quotidiane, dalle più semplici alle più complesse. Allo stesso modo il dialogo fa con la pace, il dialogo nutre la pace: consente intuizioni inattese, alimenta progetti, permette la crescita e lo sviluppo.

L’attuale guerra Russia-Ucraina, ancora tragicamente non risolta, assieme alla corsa al riarmo da parte della Russia e dei paesi della Nato pongono alla coscienza degli uomini e delle donne un serio problema sul come sia possibile costruire la pace.

Le voci di pace che si sono alzate nel mondo – per prima quella di papa Francesco – sono rimaste inascoltate. È accaduto anche che queste fossero ritenute fuori dalla realtà, ingenue e incapaci di considerare le dinamiche reali secondo cui si configurano i rapporti tra Paesi e popoli. La guerra, e non la pace, ha finito per essere avvertita quale condizione normale in una pericolosa assuefazione, alimentata dai mezzi di informazione di massa, che impedisce di percepire l’assurdità della guerra. I dialoghi si sono trasformati in colloqui per avere più armi, più forza per conseguire la vittoria oppure occasione per esibire una forza minacciosa e prospettare scenari apocalittici come forma di ricatto.

Certamente non è questo che si intende quando si parla di dialogo che prepara e nutre la pace. C’è allora bisogno di ridare senso alle parole, e di impedire che venga negata la possibilità stessa del dialogo autentico. Di quale dialogo ha bisogno la pace?

Ha bisogno prima di tutto

  • della volontà di incontrarsi
  • del desiderio di prendere sul serio l’altro, i suoi bisogni, il suo vissuto, la sua visione del mondo
  • della disponibilità a mettersi in ascolto di quanto egli vive, sente, pensa

Il dialogo non può essere sordo, l’ascolto ne è la linfa interiore. Se ci pensiamo bene, nelle guerre tra nazioni, negli scontri tra popoli, ma anche in tutti i tipi di relazioni violente e conflittuali che finiscono con l’essere distruttive quello che manca è proprio l’ascolto.

Non c’è l’ascolto della sofferenza dei popoli che non possono volere la guerra, nonostante i potenti di turno si ostinino a proclamare che è a loro nome che questa viene combattuta. Non c’è l’ascolto di chi vuole continuare a vivere nella propria terra senza l’incubo di vedere distrutti la casa, la città o il villaggio, devastato il territorio e annientate le sue risorse; non c’è l’ascolto di chi non vuole uccidere ma è costretto a farlo in nome di un cieco patriottismo, di chi non vuole piangere i propri figli perduti per sempre senza più neppure un nome. Non c’è, nella guerra, l’ascolto del vicino, del prossimo, che diventa il nemico, o dell’altro popolo negato nella sua dignità e ridotto a territorio di rapina o a pedina nello scacchiere della geopolitica mondiale.

Ma non c’è ascolto neppure laddove regna sovrana la violenza nelle relazioni intersoggettive, nelle storie di violenza domestica, nell’oppressione di relazioni che riducono l’altro a possesso di cui disporre, nelle tante storie di violenza sulle donne o sui minori, non c’è ascolto nel maltrattamento degli anziani.

In queste situazioni relazionali dove non c’è ascolto, non c’è dialogo ma solo una unilaterale imposizione dei propri interessi e del proprio punto di vista. Si tratta di relazioni asfittiche in cui manca appunto l’ossigeno, destinate perciò stesso ad essere principio di morte e non di vita.

Firma della Pacem in Terris di papa Giovanni XXIII

Fonte dell'immagine

Di seguito le parole di papa Giovanni il giorno della firma dell’enciclica, di cui quest’anno ricorre il sessantesimo anniversario

Capiamo allora che il dialogo è essenziale al superamento della violenza e della tentazione sempre ritornante di sopraffazione rispetto all’altro; è essenziale all’autentica costruzione della pace. Non basta una situazione di apparente equilibrio, di non belligeranza, nella divisione degli spazi e nella assoluta reciproca indifferenza, occorre che ci si parli, occorre imparare a conoscersi e a riconoscersi a stare gli uni di fronte agli altri dando valore a ciò che è dell’altro e che da lui può venire, imparare a stimarsi reciprocamente e a trovare convergenze per condividere fatiche e azioni, sfide e progetti. È esattamente quello che il dialogo se autenticamente cercato è in grado di produrre.

Il ventesimo secolo con la tragica esperienza dei due conflitti mondiali e della bomba atomica in particolare, e il secolo che stiamo vivendo con le tensioni belliche che l’attraversano, i cambiamenti climatici e la drammatica vicenda della pandemia ci hanno posto dinanzi - come forse mai prima d’ora - alla interdipendenza che ci lega gli uni agli altri, e alla necessità di una pace che tenga conto di questa interdipendenza.

La pace richiede che

  • ci si educhi al dialogo e alla mediazione;
  • che si prenda atto della diversità dei soggetti nello scenario mondiale e ad essi si riconosca uguale dignità;
  • che si accantonino gli schemi del pensiero unico della colonizzazione culturale e politica;
  • che ci si avverta parte di un unico destino nella diversità dei percorsi;
  • che ci si renda conto che le sfide dinanzi alle quali siamo, e dalle quali dipende la sopravvivenza dell’umanità, ci toccano tutti allo stesso modo, qualunque sia la posizione di forza che si ha e che non possiamo che affrontarle insieme.

Le religioni possono aiutare ad andare in questa direzione, hanno anzi un compito importante e irrinunciabile perché maturi un’attitudine al dialogo. Ne è prova proprio il fatto che esse hanno così tanto pesato e pesino ancora, in molti casi, nella narrazione collettiva delle ragioni della guerra. Far crescere lo spazio del dialogo tra le religioni, può contribuire grandemente a «smilitarizzare il cuore dell’uomo» (Francesco, Discorso al Founder’s Memorial, 4 febbraio 2019) e a smilitarizzare le culture.

La via del dialogo interreligioso può contrastare la tentazione del fondamentalismo che investe più fortemente le religioni in un tempo di incertezza; può contribuire a smascherare le ricorrenti e troppo diffuse strumentalizzazioni politiche e ideologiche della religione con la relativa negazione della libertà religiosa, una piaga crescente a livello mondiale, fattore di guerra dichiarata o implicita, indizio di più ampi processi di disumanizzazione in atto. La pace, quella vera, ha bisogno del dialogo e del dialogo interreligioso per liberare la dimensione spirituale e ritrovarne la ricchezza a tutti i livelli della vita quale principio di umanizzazione.

Per approfondire:

  • Primo incontro dei rappresentanti delle Chiese cristiane in Italia