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“Non dimenticatevi questo: il dialogo è l’ossigeno della pace, anche della pace domestica”
Così papa Francesco descrive il dialogo parlando a braccio nell’udienza generale del 9 novembre 2022. Si tratta di un’immagine efficace. I medici ci dicono che l’ossigeno è il principale nutriente del corpo umano; un nutriente che non troviamo sulla tavola, è nell’aria. Il movimento aerobico del nostro organismo ha lo scopo di introdurre maggiori volumi di ossigeno in modo tale da tenerci in vita, crescere e sviluppare il corpo, svolgere tutte le azioni quotidiane, dalle più semplici alle più complesse. Allo stesso modo il dialogo fa con la pace, il dialogo nutre la pace: consente intuizioni inattese, alimenta progetti, permette la crescita e lo sviluppo.
L’attuale guerra Russia-Ucraina, ancora tragicamente non risolta, assieme alla corsa al riarmo da parte della Russia e dei paesi della Nato pongono alla coscienza degli uomini e delle donne un serio problema sul come sia possibile costruire la pace.
Le voci di pace che si sono alzate nel mondo – per prima quella di papa Francesco – sono rimaste inascoltate. È accaduto anche che queste fossero ritenute fuori dalla realtà, ingenue e incapaci di considerare le dinamiche reali secondo cui si configurano i rapporti tra Paesi e popoli. La guerra, e non la pace, ha finito per essere avvertita quale condizione normale in una pericolosa assuefazione, alimentata dai mezzi di informazione di massa, che impedisce di percepire l’assurdità della guerra. I dialoghi si sono trasformati in colloqui per avere più armi, più forza per conseguire la vittoria oppure occasione per esibire una forza minacciosa e prospettare scenari apocalittici come forma di ricatto.
Certamente non è questo che si intende quando si parla di dialogo che prepara e nutre la pace. C’è allora bisogno di ridare senso alle parole, e di impedire che venga negata la possibilità stessa del dialogo autentico. Di quale dialogo ha bisogno la pace?
Ha bisogno prima di tutto
- della volontà di incontrarsi
- del desiderio di prendere sul serio l’altro, i suoi bisogni, il suo vissuto, la sua visione del mondo
- della disponibilità a mettersi in ascolto di quanto egli vive, sente, pensa
Il dialogo non può essere sordo, l’ascolto ne è la linfa interiore. Se ci pensiamo bene, nelle guerre tra nazioni, negli scontri tra popoli, ma anche in tutti i tipi di relazioni violente e conflittuali che finiscono con l’essere distruttive quello che manca è proprio l’ascolto.
Non c’è l’ascolto della sofferenza dei popoli che non possono volere la guerra, nonostante i potenti di turno si ostinino a proclamare che è a loro nome che questa viene combattuta. Non c’è l’ascolto di chi vuole continuare a vivere nella propria terra senza l’incubo di vedere distrutti la casa, la città o il villaggio, devastato il territorio e annientate le sue risorse; non c’è l’ascolto di chi non vuole uccidere ma è costretto a farlo in nome di un cieco patriottismo, di chi non vuole piangere i propri figli perduti per sempre senza più neppure un nome. Non c’è, nella guerra, l’ascolto del vicino, del prossimo, che diventa il nemico, o dell’altro popolo negato nella sua dignità e ridotto a territorio di rapina o a pedina nello scacchiere della geopolitica mondiale.
Ma non c’è ascolto neppure laddove regna sovrana la violenza nelle relazioni intersoggettive, nelle storie di violenza domestica, nell’oppressione di relazioni che riducono l’altro a possesso di cui disporre, nelle tante storie di violenza sulle donne o sui minori, non c’è ascolto nel maltrattamento degli anziani.
In queste situazioni relazionali dove non c’è ascolto, non c’è dialogo ma solo una unilaterale imposizione dei propri interessi e del proprio punto di vista. Si tratta di relazioni asfittiche in cui manca appunto l’ossigeno, destinate perciò stesso ad essere principio di morte e non di vita.
Di seguito le parole di papa Giovanni il giorno della firma dell’enciclica, di cui quest’anno ricorre il sessantesimo anniversario
Capiamo allora che il dialogo è essenziale al superamento della violenza e della tentazione sempre ritornante di sopraffazione rispetto all’altro; è essenziale all’autentica costruzione della pace. Non basta una situazione di apparente equilibrio, di non belligeranza, nella divisione degli spazi e nella assoluta reciproca indifferenza, occorre che ci si parli, occorre imparare a conoscersi e a riconoscersi a stare gli uni di fronte agli altri dando valore a ciò che è dell’altro e che da lui può venire, imparare a stimarsi reciprocamente e a trovare convergenze per condividere fatiche e azioni, sfide e progetti. È esattamente quello che il dialogo se autenticamente cercato è in grado di produrre.
Il ventesimo secolo con la tragica esperienza dei due conflitti mondiali e della bomba atomica in particolare, e il secolo che stiamo vivendo con le tensioni belliche che l’attraversano, i cambiamenti climatici e la drammatica vicenda della pandemia ci hanno posto dinanzi - come forse mai prima d’ora - alla interdipendenza che ci lega gli uni agli altri, e alla necessità di una pace che tenga conto di questa interdipendenza.
La pace richiede che
- ci si educhi al dialogo e alla mediazione;
- che si prenda atto della diversità dei soggetti nello scenario mondiale e ad essi si riconosca uguale dignità;
- che si accantonino gli schemi del pensiero unico della colonizzazione culturale e politica;
- che ci si avverta parte di un unico destino nella diversità dei percorsi;
- che ci si renda conto che le sfide dinanzi alle quali siamo, e dalle quali dipende la sopravvivenza dell’umanità, ci toccano tutti allo stesso modo, qualunque sia la posizione di forza che si ha e che non possiamo che affrontarle insieme.
Le religioni possono aiutare ad andare in questa direzione, hanno anzi un compito importante e irrinunciabile perché maturi un’attitudine al dialogo. Ne è prova proprio il fatto che esse hanno così tanto pesato e pesino ancora, in molti casi, nella narrazione collettiva delle ragioni della guerra. Far crescere lo spazio del dialogo tra le religioni, può contribuire grandemente a «smilitarizzare il cuore dell’uomo» (Francesco, Discorso al Founder’s Memorial, 4 febbraio 2019) e a smilitarizzare le culture.
La via del dialogo interreligioso può contrastare la tentazione del fondamentalismo che investe più fortemente le religioni in un tempo di incertezza; può contribuire a smascherare le ricorrenti e troppo diffuse strumentalizzazioni politiche e ideologiche della religione con la relativa negazione della libertà religiosa, una piaga crescente a livello mondiale, fattore di guerra dichiarata o implicita, indizio di più ampi processi di disumanizzazione in atto. La pace, quella vera, ha bisogno del dialogo e del dialogo interreligioso per liberare la dimensione spirituale e ritrovarne la ricchezza a tutti i livelli della vita quale principio di umanizzazione.
Per approfondire:
- Primo incontro dei rappresentanti delle Chiese cristiane in Italia