DIALOGO Costruire ponti ed educare alla pace

Facitore di ponti: prospettiva biblica

L'abbraccio, foto di Claudia Del Giudice ©, anno 2023, Murale di Jerico Cabrera Cara, quartiere Sanità-Napoli.

L’immagine del ponte non appartiene all’immaginario biblico. Una sola volta troviamo il termine “ponte” (Ez 27,6) ma per indicare una parte della nave.

Il profeta Ezechiele riceve da Dio l’incarico di intonare un lamento funebre che presenta la fine di Tiro. La città è presentata come una nave di particolare bellezza (la carena, le fiancate, le cabine ecc. ecc.), disposta sul mare, aperta ai commerci:   I tuoi costruttori ti hanno reso bellissima: con cipressi del Senir hanno costruito tutte le tue fiancate, hanno preso il cedro del Libano per farti l'albero maestro; i tuoi remi li hanno fatti con le querce di Basan; il ponte te lo hanno fatto d'avorio, intarsiato nell'abete delle isole di Chittìm. Quindi si tratta presumibilmente della parte di comando della nave.

La Bibbia non parla direttamente di ponti come quelli che usiamo per attraversare fiumi o strade, ma introduce spesso rappresentazioni mentali che richiamano i ponti. Essi sul piano metaforico rappresentano la connessione, l'unità e il modo per superare gli ostacoli. In tutta la Bibbia troviamo versetti che ci incoraggiano, pur non usando il termine, a costruire ponti di fede, amore e riconciliazione. Nel campo metaforico che l’immagine del ponte attiva sono correlati tre elementi: chi viene unito dal ponte, ovvero le estremità, ed insieme chi deve impegnarsi nella realizzazione del ponte, nonché le modalità di tale connessione.

L’unione per eccellenza, che sottostà al NT è rappresentata dalla persona di Gesù. In lui cogliamo non solo il paradigma del ponte fra cielo e terra e anche del fare ponti, dello stile con cui realizzare tale connessione. Con la sua morte e risurrezione Gesù di fatto è diventato, con il dono della sua persona senza paura e senza risparmio, il ponte per la salvezza di ogni uomo. Nell’idea di riconciliazione così come presente in Paolo appare evidente che in Cristo sono state ripristinate le relazioni interrotte con Dio:

Tutto questo però viene da Dio, che ci ha riconciliati con sé mediante Cristo e ha affidato a noi il ministero della riconciliazione. Era Dio, infatti, che riconciliava a sé il mondo in Cristo, non imputando agli uomini le loro colpe e affidando a noi la parola della riconciliazione (2Cor 5,18-19).

In questo passaggio il primo aspetto è il primato della grazia divina, secondo una prospettiva centrale in tutta la teologia paolina. L’iniziativa di fare ponte è Sua (nell’espressione sintetica iniziale vi è tutto il contesto precedente, in particolare la morte e risurrezione e gli effetti salvifici della “nuova creazione”). Dio è colui che opera la riconciliazione (il verbo usato è katallassō) attraverso Cristo (cf Rm 5,10).

Se infatti, quand'eravamo nemici, siamo stati riconciliati con Dio per mezzo della morte del Figlio suo, molto più, ora che siamo riconciliati, saremo salvati mediante la sua vita (Rm 5,10).

Normalmente, nelle relazioni umane, dovrebbe gettare il ponte della riconciliazione colui che è nel torto, che ha offeso. Invece, nel caso di Dio, l’offeso (cf 2Cor 5,19) di continuo dai peccati degli uomini, fa la prima mossa, addirittura non si ferma neanche di fronte all’ uccisione del Figlio (cf 1Cor 6,20; 7,23). Dio agisce secondo una logica non umana del “fare ponti”, quella che a volte appunto inceppa tutte le trattative di pace, ma agisce secondo la logica dell’amore, dono gratuito, incondizionato.

Icona della Discesa agli Inferi. Icona tipica dell’arte bizantina. In questo caso si tratta di un’icona russa della seconda metà del XV secolo, della scuola di Novgorod. Cristo scende negli inferi, riapre il ponte tra l’umanità ferita e Dio e il gesto stesso di “tirare su” è una visualizzazione perfetta della riconciliazione. (Fonte immagine con commento Fraticanepanova, altro commento di don Gianluca Busi)

Chiede agli uomini una cosa sola: l’accoglienza della gittata del ponte, ossia “la parola della riconciliazione”, che è il ministero degli apostoli, dei successori degli apostoli e di tutti i cristiani. È questo il senso della frase successiva:

In nome di Cristo, dunque, siamo ambasciatori: per mezzo nostro è Dio stesso che esorta. Vi supplichiamo in nome di Cristo: lasciatevi riconciliare con Dio (v.20).

Non solo Cristo ma anche i suoi discepoli sono chiamati a gettare ponti. In tale prospettiva vanno letti i passi di Matteo (5,23-24) relativi alla necessità della riconciliazione con il fratello prima dell’offerta ove l’iniziativa deve essere presa da chi riflette sui sentimenti di avversione del fratello, non i suoi. E anche quelli che riguardano il perdono (Mt 6,14-15), pilastro cruciale per costruire ponti di pace e di comprensione. Il contrario di tutto questo consisterebbe nell’alzare muri, restando nelle barriere dell'amarezza e dell’odio. In quest’ultimo testo il ponte è a doppio senso in quanto la riconciliazione con il fratello in qualche modo è condizione non tanto per impedire a Dio di perdonare, quanto di dimostrargli che si è disposti ad agire e pensare come lui, ossia gettando ponti fra Dio e uomo, fra uomo e uomo.

Ritorno del figliol prodigo di Rembrandt (fonte Wikipedia). Per alcuni spunti di riflessione a partire dal dipinto c’è un articolo in Note di pastorale giovanile.

Naturalmente i cristiani sono chiamati innanzitutto, come ci ha ricordato Papa Leone XIV, a cercare l’unità, che è caratteristica essenza della comunità dei discepoli di Cristo, ma anche segno per tutto il genere umano e per il creato. Così nella preghiera di Gesù per l’unità (Gv 17,21: “… perché tutti siano una sola cosa…”), ma anche nella tradizione paolina:

Io, dunque, prigioniero a motivo del Signore, vi esorto: comportatevi in maniera degna della chiamata che avete ricevuto, con ogni umiltà, dolcezza e magnanimità, sopportandovi a vicenda nell'amore, avendo a cuore di conservare l'unità dello spirito (tēreîn tēn enotēta toû pneumatos tês eirēnēs) per mezzo del vincolo della pace (Ef 4,1-3).

In questo caso l'unità, come un ponte, unisce persone di diversa provenienza e opinione; pertanto, richiede un’azione dal basso (sforzo e impegno) per preservare il legame che Dio ha stabilito attraverso il suo Spirito, donatore di pace.

Alla luce di tali considerazioni possiamo ben comprendere come il termine latino pontifex (pons pontis «ponte» e tema di facĕre «fare», che inizialmente designava forse colui che curava la costruzione del ponte sul Tevere, sia stato accolto in ambito ecclesiale. Già aveva subito uno sviluppo metaforico per indicare ciascuno dei membri del collegio giuridico-sacerdotale che aveva il compito di conservare le tradizioni religiose e giuridiche della città, di controllare il culto pubblico e privato, di compilare l’elenco dei magistrati e il calendario, sino a definire l’imperatore Pontifex maximus. Dal V secolo è stato usato per indicare i vescovi e il Papa (sommo pontefice) in quanto vescovo di Roma.

In conclusione, l’immagine del ponte per la sua efficacia si presta molto bene, soprattutto oggi, per indicare la vocazione del popolo di Dio e di tutti i chiamati a particolari ministeri: essere facitori di ponti!

Facitore di ponti: prospettiva sistematica

L’immagine del ponte e del costruttore di ponti è tornata di grande attualità nei tempi recenti grazie al magistero di Papa Leone XIV, che nei suoi interventi, a partire dal primo saluto la sera dell’8 maggio 2025, ha spesso richiamata questa immagine, collegandola soprattutto alla ricerca della pace.

In realtà, si tratta di un’immagine che affonda le radici nel tessuto biblico e nell’immaginario classico. Soprattutto dagli ultimi anni del Magistero di Giovanni Paolo II questa immagine è stata associata alla promozione della pace.

Negli anni seguenti al tragico attacco alle Torri Gemelle (11 settembre 2001), con l’esplodere del terrorismo di matrice islamista e il profilarsi di uno “scontro di civiltà”, il magistero di Papa Wojtyla si è fatto sempre più accorato nell’invitare a costruire la pace, coltivando tutti i possibili elementi di raccordo. «La religione possiede un ruolo vitale nel suscitare gesti di pace e nel consolidare condizioni di pace. Essa può esercitare questo ruolo tanto più efficacemente, quanto più decisamente si concentra su ciò che le è proprio: l'apertura a Dio, l'insegnamento di una fratellanza universale e la promozione di una cultura di solidarietà» (XXXVI Giornata mondiale della pace 2003).           

Il muro che separa i territori palestinesi da Gerusalemme è un muro, costruito nei primi anni 2000, in cemento armato alto circa 8 metri, intervallato da torrette con sistemi di sorveglianza e filo spinato. Soprattutto nel settore di Betlemme, il muro è diventato uno spazio di street art (il più famoso è Banksy) e un diario collettivo (persone vi scrivono preghiere, invocazioni di pace ecc.)

In particolare, di fronte alla costruzione del muro che ancora oggi tiene isolata gran parte dei territori palestinesi da Gerusalemme, San Giovanni Paolo II riprese il famoso slogan “costruire ponti e non innalzare muri” (Angelus del 16 novembre 2003). Sullo sfondo di questa riflessione c’era, ovviamente, il ricordo vivo dell’abbattimento del Muro di Berlino, che tante speranze aveva suscitato per un futuro di pace. Andando ancora più a monte, lo slogan faceva eco a quanto già auspicato da Giorgio La Pira nel suo epistolario con San Paolo VI.

Giorgio La Pira con Paolo VI (fonte immagine giorgiolapira.org)

L’immagine del ponte, come ha avuto modo di esprimere proprio Papa Leone, in realtà può essere applicata a Gesù stesso. Questo va anche oltre la terminologia classica del “pontefice”. Gesù, infatti, non è solo pontefice, ovvero costruttore di ponti, ma egli stesso è il ponte: «L'umanità necessita di Lui come il ponte per essere raggiunta da Dio e dal suo amore. Aiutateci anche voi, poi, gli uni gli altri a costruire ponti, con il dialogo, con l'incontro, unendoci tutti per essere un solo popolo sempre in pace» (Messaggio e Prima Benedizione Urbi et Orbi, 8 maggio 2025).

Già Papa Francesco, in una Udienza Generale aveva ricordato: «Cristo è il Mediatore, il ponte che attraversiamo per rivolgerci al Padre (cfr Catechismo della Chiesa Cattolica, 2674). È l’unico Redentore: non ci sono co-redentori con Cristo. È il Mediatore per eccellenza, è il Mediatore» (Udienza del 24 marzo 2021)

L’annuncio cristiano vede nella persona di Gesù il mediatore, il ponte di comunicazione tra Dio e l’umanità.

Il mosaico del Cristo Pantocratore nella Cattedrale di Monreale (PA). Raffigura Cristo come mediatore cosmico, ponte tra la gloria divina e il volto umano. (fonte immagine Wikipedia)

Se questo sembra marcare un recinto nei confronti delle altre tradizioni religiose, al tempo stesso esprime la proiezione di Gesù verso gli altri. Lui è l’uomo per-gli-altri, la sua vita è totale dedizione a Dio e ai fratelli e sorelle in umanità.

L’essere ponte di Gesù può essere un’immagine efficace per presentare in modo semplice il mistero della sua persona, che la comunità credente ha riconosciuto come Figlio di Dio.

Siamo a 1700 anni dalla celebrazione del Concilio di Nicea, una tappa fondamentale nel cammino di unità della Chiesa tutta. I cristiani professano così di credere «in un solo Signore Gesù Cristo, Figlio di Dio, Unigenito, generato dal Padre prima di tutti i secoli, Dio da Dio, luce da luce, Dio vero da Dio vero, generato non creato, consustanziale al Padre». Attraverso il linguaggio, per noi ostico, dell’homousios (consustanziale al Padre) si è voluto affermare la piena appartenenza di Cristo all’orizzonte di Dio oltre che all’umanità. Per questo, nei concili successivi, si parlerà di doppia consustanzialità. Gesù è al tempo stesso consustanziale a Dio e consustanziale a noi. In questo senso, è il vero ponte tra Dio e gli uomini.      

La Commissione Teologica internazionale nel documento per i 1700 anni di Nicea afferma: «la Chiesa farà ricorso all’espressione homooúsios per esprimere la comunità di natura del Cristo in quanto vero uomo, «nato da donna» (Gal 4,4), la Vergine Maria, con tutti gli esseri umani. I due versanti di questa duplice “consustanzialità” del Figlio incarnato si rafforzano l’un l’altro per fondare in maniera profonda, efficace, la fraternità di tutti gli esseri umani» (Gesù Cristo, Figlio Di Dio, Salvatore, n. 36).

Attraverso questo insegnamento che mette alla prova l’intelligenza della fede, la Chiesa ha inteso riaffermare che nella vicenda dell’uomo Gesù di Nazareth è Dio stesso che si è rivelato. Dio stesso si è implicato nella storia dell’umanità. Il cristianesimo annuncia che, attraverso l’umanità di Gesù, è possibile avere accesso alla realtà di Dio. È Gesù che con la sua vita rappresenta un ponte di comunicazione tra Dio e l’uomo. A partire da questo, gli uomini e le donne si scoprono legati da un legame inscindibile tra loro. Tutti sono parte di un’unica famiglia: la famiglia umana. Una famiglia di fratelli e sorelle, chiamati a vivere in pace. (Fratelli tutti, Cap. VIII)

Gesù stesso rappresenta allora l’apice del dialogo tra Dio e l’umanità. Quel dialogo avviato già con i padri dell’Antico Testamento, giunge al suo punto più alto in Gesù. In lui Dio si è detto, Dio si è comunicato completamente.

Gesù è uomo del dialogo, è uomo fatto Dialogo. Per questo i cristiani, battezzati e inseriti nella stessa vita di Cristo, sono chiamati a vivere il dialogo con tutti come dimensione costitutiva della loro vita di fede.

Gesù è egli stesso la Pace. In lui sono state abbattute tutte le frontiere e le barriere che possono separare gli uomini tra loro per le loro condizioni di religione, di etnia, di cultura… Afferma l’autore della lettera agli Efesini:

14Egli infatti è la nostra pace, colui che di due ha fatto una cosa sola, abbattendo il muro di separazione che li divideva, cioè l'inimicizia, per mezzo della sua carne. (Ef 2,14)

Per questo i cristiani sono chiamati ad abbattere le barriere, colmare i fossati e gettare ponti di comunicazione e di condivisione per costruire la pace. È un’esigenza interiore che rende autentica l’esperienza di fede.

CREATO DA
Servizio informa…

Ringraziamenti:

Creato con immagini di Joan - "Stained glass (19th century) of Prophet Ezekiel." • zatletic - "The icon on the dome with the image of Jesus Christ and the Apostles on a gold background in the basilica of Saint Paul Outside the Walls, Rome, Italy"