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Islam Conoscenza

Corano / Qur’ān

Introduzione

Come è noto il testo sacro dell’Islam è il Corano (Qur’ān). Un errore comune è approcciarvisi e intendere il rapporto che intercorre tra il testo e il fedele musulmano con i medesimi criteri che si utilizzano con la Sacra Scrittura biblica (AT e NT).

Le due visioni di Dio e della Sua parola nell’Islam e nel Cristianesimo:

Cosa significa il termine Corano?

In arabo il Corano è detto Qur’ān e deriva dalla radice verbale q-r-’ che porta con sé i significati di leggere, recitare, proclamare, invocare. Etimologicamente rimanda a una forma orale e recitativa.

Come molti testi sacri antichi il Corano è legato principalmente non tanto a una lettura individuale quanto a una forma assembleare-comunitaria che si riunisce per ascoltare una parola.

Il termine Qur’ān all’interno dello stesso testo sacro compare con diversi significati: può infatti indicare un singolo versetto, un gruppo di versetti, o anche l’insieme della rivelazione.

Cos’è il libro del Qur’ān?

  • È il libro sacro dei musulmani definito anche il Nobile (karīm) Corano.
  • È la rivelazione (waḥī) diretta di Dio in forma orale e successivamente scritta nel libro.
  • È la Parola eterna e increata di Dio che è stata rivelata nell’arco temporale di poco più di vent’anni (indicativamente dal 609 al 632). È discesa (tanzīl) in lingua araba (Cf. Ṭā’hā’ [20], 113; al-Zuḫruf [43], 3) su Muḥammad e per mezzo suo sull’umanità intera.
  • È la mediazione tra Dio e gli uomini.
  • È il Libro della vita che insegna all’uomo la distinzione (furqān) tra il bene e il male (Cf. al-Furqān [25], 1).
  • È la via (šarī‘a, ṣirāṯ) di Dio, cioè quanto Dio ha rivelato agli uomini affinché essi possano comportarsi secondo la Sua volontà.
  • È considerato da molti musulmani la copia esatta dell’originale depositato in cielo presso Dio.

Perché per un musulmano il testo è così fondamentale e sacro?

Per comprendere meglio il rapporto che i musulmani hanno con il Corano facciamo un paragone che ovviamente è improprio, però ci aiuta a capire meglio: per i musulmani, essendo il Corano l’esatta parola rivelata, è come se fosse il corrispettivo nel cristianesimo della persona stessa di Gesù Cristo (verbo di Dio e rivelazione del Padre). Non bisogna dunque pensare al Corano come se fosse la Bibbia, bensì immaginare che per un musulmano il Corano sia il corrispettivo dell’Eucarestia per un cattolico. Ecco perché difficilmente viene consegnato un Corano in lingua araba, ovvero la lingua in cui Dio ha deciso di far discendere il testo, a un non musulmano; sarebbe come dare l’Eucarestia in mano a un non cattolico. Alla luce di questo, bene si comprende perché un Corano in lingua araba non viene tenuto confusamente sulla scrivania o sotto a un altro libro, ma riposto in un luogo curato, come fosse un altarino. D’altronde quale cattolico metterebbe l’Eucarestia sotto un libro o la lascerebbe sulla scrivania? Ribadiamo che questo paragone è improprio, tuttavia ci aiuta a intuire il motivo per cui per i fedeli musulmani il testo coranico è così fondamentale e assolutamente sacro.

Esempio di Corano in lingua araba su leggio, fonte Wikimedia

Qual è il suo statuto epistemologico?

  • Se per la scrittura ebraico-cristiana si parla di ispirazione, intendendo che il testo biblico non è in senso diretto e primario Parola di Dio quanto piuttosto in senso simbolico, sacramentale e analogico (rimanda infatti alla storia, all’alleanza e, per i cristiani, a Gesù Cristo logos e mediatore tra Dio e gli uomini); per il portato islamico il Corano è la parola esatta di Dio discesa (tanzīl) direttamente su Muḥammad in lingua araba il quale non aggiunge o interpreta nulla né durante la sua ricezione, né durante la sua trasmissione.
  • Se la funzione della Scrittura biblica (AT e NT) è di rimandare a Dio conducendo l’uomo a intessere una relazione con il Padre attraverso una nuova condizione amicale e non più servile; per l’Islam il Corano indica ciò che bisogna o non bisogna fare per essere secondo la volontà di Dio. Ecco perché il Qur’ān è inteso come via (šarī‘a, ṣirāṯ) e non conduce alla comunione con Dio bensì a una mediazione discendente a un unico senso che mira a una dimensione essenzialmente normativa ed etica della vita del credente.
  • Nel Corano Dio emerge come Creatore del mondo, non come suo salvatore. L’eschaton infatti non è corrisponde alla concezione cristiana di compimento della salvezza di Dio sulla linea progettuale della creazione e della storia come senso pieno dell’automanifestazione di Dio in Cristo, bensì indica la semplice fine delle cose contingenti, affinché rimanga solo il volto di Dio (Cf. al-Qāṣaṣ [28], 88).

Come è strutturato?

  • Composto da suwar (in italiano è invalsa la dicitura “sure”, impropriamente capitoli) e āyāt (in italiano è invalsa la dicitura “versetti”). In totale nel Corano ci sono 114 sure. Queste non sono disposte in ordine cronologico, bensì in ordine di lunghezza decrescente. Dalla sura al-Baqarah [2] (contenente 286 versetti) alla sura al-Kawṯar [108] (contenente 3 versetti). I versetti a loro volta sono numerati, ma questa numerazione non è originaria, è stata aggiunta in seguito. In generale possiamo dire che i versetti più antichi tendono ad essere più corti, mentre quelli più recenti tendono a essere più ampi e prosaici.
  • Lettere misteriose. In apertura di 29 sure troviamo alcune lettere che rimangono misteriose. Vi sono diverse teorie, da quelle più mistiche a quelle più letterarie per indicare abbreviazioni di parole.
  • Titoli delle sure. I musulmani normalmente conoscono le sure per nome e non per numero. I titoli sono stati aggiunti nel corso dei secoli e si riferiscono a una parola o un argomento presenti nella sura stessa. In questo processo redazionale medesime sure sono state chiamate con titoli diversi, occorrerà attendere l’edizione coranica del Cairo nel 1923 per uniformarli.
  • La basmala. Tutte le sure (tranne al-Tawbah [9]) sono precedute dall’invocazione «Nel nome di Dio, il Clemente, il Misericordioso» che è chiamata basmala.
Esempio di Basmala

Questa viene ritenuta un’aggiunta e dunque non appartenente al testo coranico originario. Solo nella prima sura al-Fātiḥa la basmala sarebbe parte integrante della sura stessa.

  • Stile. È molto eterogeneo. Le prime sure in ordine cronologico hanno in genere uno stile poetico, vivace, profetico, apocalittico e ricco di immagini. Le ultime sure, sempre in ordine cronologico, sono più prosaiche, pesanti e decisamente con un accento giuridico.
  • Generi letterari. Molteplici generi vengono utilizzati. Ad esempio troviamo: proclamazioni con stile oracolare, inni, composizioni istruttive, evocazioni narrative, testi legislativi e parenetici, discorsi di guerra e discorsi polemici.
  • Cronologia coranica. Le sure coraniche sono state rivelate in diversi periodi della vita di Muḥammad. Ne possiamo qui identificare due: il periodo meccano (prima del 622, data in cui il Profeta compie l’Hijra (Ègira) ovvero emigra da Mecca a Medina); e il periodo medinese (dopo il 622 durante la permanenza di Muḥammad a Medina). Attraverso lo studio degli aḥādīṯ (detti e fatti del Profeta) si sono analizzate le occasioni della rivelazione (asbāb al-nuzūl), ovvero, le circostanze concrete che hanno fatto sì che Dio rivelasse quel versetto specifico. Queste circostanze rimangono esterne al libro e forniscono interpretazioni congetturali di detti e fatti coranici, tuttavia hanno consentito di ottenere una cronologia relativa del testo coranico.

Quel è il nucleo del suo contenuto?

Per meglio individuare il contenuto del testo utilizziamo la suddivisione che gli orientalisti hanno fatto dei due periodi meccano e medinese.

  • Primo periodo meccano (610/612-615). È fortemente marcato dall’interesse per la giustizia sociale. Il Corano minaccia il giudizio finale e la condanna all’inferno da parte del Dio unico ai ricchi abitanti della Mecca che operano ingiustamente nei confronti dei poveri (Cf. al-Faǧr [89]).
  • Secondo periodo meccano (615-619). È considerato forse il più felice, il più libero e il più fecondo di Muḥammad. Questo periodo è segnato in gran parte dalle storie dei profeti inviati precedentemente e ai quali il Profeta è assimilato (Cf. Maryam [19]).
  • Terzo periodo meccano (619-622). È quello più triste a causa di molteplici motivi: la morte sia della moglie ḫadīja che dello zio abū Ṭālib e la defezione da parte di alcuni discepoli. Si ha una accentuazione dei temi quali l’onnipotenza divina e la provvidenza (Cf. Yūnus [10]).
  • Periodo medinese (622-632). È quello della nascita e della stabilizzazione progressiva della comunità musulmana e del riconoscimento del Profeta come suo capo indiscusso. Questo periodo è segnato in particolare da problemi di tipo organizzativo, comunitario, economico, giuridico e difensivo nei confronti degli avversari (Cf. al-Tawbah [9]).

Il tema dell’abrogazione (nasḫ)

Nel corpo coranico si trovano alcuni argomenti che vengono ripetuti in diversi periodi della rivelazione. Alcune volte il contenuto di questi diversi versetti intorno al medesimo argomento coincide, altre volte no. Laddove c’è una discrepanza il versetto che è stato rivelato precedentemente viene abrogato da quello che è disceso cronologicamente per ultimo.

Questo principio di abrogazione si basa sul versetto coranico al-Baqara [2], 106 «Non abroghiamo un versetto, né te lo facciamo dimenticare, senza dartene uno migliore o uguale. Non lo sai che Allah è onnipotente?».

Il Corano riporta sia i versetti abrogati, sia quelli che li dovrebbero sostituire. È difficile dire l’esatto numero dei versetti del Corano che trovano un’abrogazione.

Come è stato composto il testo così come lo abbiamo oggi?

La rivelazione Coranica e la sua trasmissione sono processi originariamente orali. Ecco perché tecnicamente quando si dice Qur’ān ci si riferisce alla recitazione orale della parola, mentre quando si dice Musḥaf ci si riferisce alla sua versione scritta. Al di là di questa precisazione possiamo sintetizzare il processo di composizione del testo scritto coranico secondo alcuni punti chiave:

1) I primi compagni del Profeta annotavano frammenti della rivelazione dove riuscivano (incisioni su ossa di animale, foglie di alberi di palma e trascrizioni anche su pelli).

Esempio di frammento della rivelazione su ossa di animale, fonte Wikimedia

2) Il primo califfo Abū Bakr (632-634), nonostante inizialmente non volesse costituire una raccolta del testo in quanto Muḥammad non lo aveva mai esplicitato, si lascia convincere da quello che poi diventerà il suo successore ‛Umar (634-644), visto che molti di coloro che conoscevano a memoria il Testo erano morti nella battaglia di al-Yamāma (632/633). Viene così inviato un convertito di Medina chiamato Zayd ibn Ṯābit a raccogliere tutti i frammenti disseminati in giro in un primo Codex (Musḥaf). Questo era composto solo dell’essenziale scheletro consonantico delle parole (rasm) senza quindi punti diacritici, segni di vocalizzazione, di geminazione, di pausa, d’assimilazione, né dalla scrittura della hamza.

Esempio di un testo scritto solo nel suo essenziale scheletro consonantico (rasm), fonte Wikimedia

3) Dopo la morte del primo califfo il Testo venne dato al secondo califfo ‛Umar che a sua volta morendo lo affidò alla figlia Ḥafṣa. Durante il regno del terzo califfo ‛Uṯmān (644-656) emerse il problema di alcune differenti recitazioni del Testo (questo era dovuto alla sola presenza del rasm). ‛Uṯmān dunque affida nuovamente l’incarico a Zayd ibn Ṯābit e ad altri due suoi aiutanti, di scrivere una versione uniforme basata sul Codex in possesso a Ḥafṣa avendo come criterio, in caso di disaccordo nella recitazione, il dialetto arabo della tribù del Profeta: quella dei Banū Qurayš.

Esempio di Codex, fonte Wikimedia

4) A redazione ultimata, il califfo ‛Uṯmān dette disposizione affinché quattro copie – identiche a quella conservata a Medina – fossero inviate nei quattro luoghi chiave del tempo (al-Kūfa, al-Baṣra, Mecca e Siria, chiamata quest’ultima al-Shām) e che tutto il materiale coranico più antico, sia in frammenti sia in copie intere di corani, venisse dato alle fiamme. Anche se questo di fatto avvenne, molti dissentirono e si registra così l’esistenza di vulgate differenti da quella che potremmo definire «ufficiale» che prese il nome di ‛Uṯmān. (Un esempio di queste vulgate è quella che viene denominata di Mas‛ūd, in quanto proprio ibn Mas‛ūd, uno dei compagni intimi del Profeta, sosteneva di avere una versione differente da lui stesso redatta).

5) Queste copie del corano erano ancora sostanzialmente legate al solo rasm e quindi si originò il problema delle differenti recitazioni. Per uniformare e fissare la corretta pronuncia si inserì la vocalizzazione (passaggio avvenuto nel periodo del califfo omayyade ibn Marwān a circa una cinquantina di anni dalla morte di Muḥammad). Gli incaricati di redigere il testo non imposero però, per mancanza di unanimità di consensi, una versione prevalente. Così si contano più di dieci recitazioni differenti (qirāʾāt). È importante sottolineare come le differenze fra le diverse recitazioni (e conseguente vocalizzazione scritta) siano solo di tipo morfologico e fonetico.

6) La versione moderna più diffusa del testo coranico corrisponde alla cosiddetta forma di recitazione Hafs, derivata dal nome di uno specialista della lettura coranica vissuto nel IX secolo a Kufa, nell’attuale Iraq. Questa venne adottata come versione stampata dal re egiziano Fuʾād I nel 1924, successivamente avendo bisogno di avere un testo ufficiale per le scuole, ne venne stampata una sua seconda edizione nel 1936 chiamata Farūq (in onore del secondo re egiziano regnante proprio dal 1936-1952) e quest’ultima si è imposta come standard in quasi tutto il mondo musulmano. Altra versione popolare, diffusa soprattutto in Africa settentrionale e occidentale, è il cosiddetto Corano di Warš.

7) All’oggi non esiste un’edizione critica del testo coranico, c’è solo la scrittura di una particolare tradizione di recitazione. Alcuni studiosi che risiedono in occidente starebbero lavorando per comporla ma questo, incontrando grandi e forti critiche da parte dei musulmani di tutto il mondo, di fatto inficia il portato e l’eventuale futura recezione di questo tentativo.

Video

Major Questions in Qur’anic Studies with Dr. Gabriel Reynolds

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Quran and the Bible

Libri

  • DE PRÉMARE Alfred-Lpuis, Alle origini del Corano, Roma 2014.
  • MATTSON Ingrid, The Story of the Qur’an. Its history and place in muslim life, Oxford 2013.
  • SHOEMAKER Stephen J., Creating the Qur’an. A Historical-Critical Study, California 2022.
  • AMIR-MOEZZI Mohammad Ali - DYE Guillaume, eds, Le Coran des historiens I. Études sur Le Contexte et La genèse du texte Coranique, XV-XX, 653-968.
  • MOKRANI Adnane, Leggere il Corano a Roma, Roma 2010.