Spera e agisci con il Creato

Le Soluzioni Basate sulla Natura

Siamo in una strutturazione ecologica del paese e del pianeta diversa da quella che abbiamo conosciuto fino al secolo scorso. Assistiamo a megatrends globali e in accelerazione e abbiamo raggiunto il limite della capacità biofisica della Terra con processi negativi che si autoalimentano. La polarizzazione tra consumo di suolo e abbandono cresce nel Nord del Pianeta, mentre conflitti, trade offs, connessioni terribili tra agricoltura industriale e produzioni intensive, incendi e deforestazione (LS38) guidano le dinamiche del Sud Globale.

Avremo sempre meno spazi sicuri per diversi limiti planetari quali il clima e la biodiversità ma anche la sicurezza alimentare e la qualità dell’acqua, con il peggioramento delle condizioni di vita e sussistenza, in particolare per le maggioranze vulnerabili nel mondo. La ricerca ci dice che non basterà proteggere il 30% della biodiversità selvatica (restoration law, EU 2023) o il 50% (Wilson, 2016) di ecosistemi sul pianeta per invertire la rotta del collasso, sapendo peraltro che l’80% delle specie della biosfera rimane ancora da scoprire: vorrebbe infatti dire di aver deciso di lasciare il resto alla distruzione sistematica.

Eppure questo è il nuovo habitat, in cui crediamo sempre più di vivere da padroni invece che da ospiti. E’ qui per restare e corriamo verso questa realtà, senza aver cominciato a costruire politiche di inversione di rotta (la transizione o, meglio… la conversione), nè di adattamento e mitigazione, neanche per i livelli di riscaldamento attuali: siamo “nell'epoca dell'ebollizione globale” ha detto il segretario dell'ONU Guterres, nel luglio 2023, il più caldo della storia. La curva accelera, non c’è più tempo per le illusioni, ma l'uomo ha una strana tendenza a sottovalutare i pericoli che lo circondano. Ma, contando che tutto torni alla normalità, “l'uomo nella prosperità non comprende, è come gli animali che periscono. Questa è la sorte di chi confida in se stesso”.

Credevamo di essere sani in un pianeta malato (Papa Francesco, 2020), con l’illusione di poterlo dominare e di tenere tutto sotto controllo (LS2)
“gli uomini accettano il cambiamento soltanto nella necessità e vedono la necessità soltanto nella crisi” (Jean Monnet, Memoirs, 1978)

Ecco perché l’attenzione sul ripristino degli ecosistemi della UE* e dell’ONU ci può aiutare a pensare a soluzioni basate sulla natura** (NBS…), considerate uno dei mattoni principali delle future, necessarie, trasformazioni della società.

* La Commissione Europea ha richiamato le NbS sia nella Strategia sulla biodiversità per il 2030, sia nella nuova Strategia sull’adattamento ai cambiamenti climatici, entrambe parti integranti del Green Deal europeo e della Nature Restoration Law.

** azioni volte a proteggere, conservare, ripristinare, utilizzare in modo sostenibile e gestire gli ecosistemi naturali o modificati terrestri, d'acqua dolce, costieri e marini, che affrontano sfide sociali, economiche e ambientali in modo efficace e adattivo, fornendo allo stesso tempo benessere umano, servizi ecosistemici e benefici per la resilienza e la biodiversità. L’IUCN, nel corso del suo Congresso mondiale del 2016, ha definito le NbS come “azioni per proteggere, gestire e ripristinare in modo sostenibile ecosistemi naturali o modificati che affrontano le sfide della società in modo efficace e adattivo, fornendo contemporaneamente benefici per il benessere umano e la biodiversità”. Anche la CE, nel 2020, ha fornito una sua definizione: “soluzioni che sono ispirate e supportate dalla natura, convenienti, che forniscono contemporaneamente vantaggi ambientali, sociali ed economici e aiutano a costruire la resilienza. Apportano caratteristiche e processi diversificati e naturali nelle città, nei paesaggi terrestri e marini, attraverso interventi sistemici, efficienti sotto il profilo delle risorse e adattati localmente”.

Ne abbiamo bisogno, a scale diverse: dobbiamo innanzitutto salvare le foreste, i suoli, gli oceani perché sono il sistema più efficiente di assorbimento e sequestro del carbonio, e lavorare con strumenti utili, sui motori dei cambiamenti globali: il consumo di suolo, l’urbanesimo e l’urbanizzazione degli spazi rurali, di quelli naturali e soprattutto delle menti, che pare inesorabile. Viviamo quasi tutti lontano dalla natura, sempre dentro le opere dell’uomo e in relazioni spesso virtuali. Il 70% della popolazione mondiale vive in ambiti urbani e peri-urbani, inique periferie infinite e insediamenti diffusi (sprawling e sprinkling insieme, “dai limiti delle città alla gentrificazione dei limiti nelle città”, Settis, 2017). Le città sono egemoniche ben al di là dei confini urbani, vittime e carnefici della crisi socio-ecologica, per modalità di pensiero e stili di vita. Le comunità urbane non conoscono più e non rispettano il senso del vivere nelle aree rurali, anzi applicano l’immaginario urbano a territori intesi solo in chiave iconica o di sfruttamento a distanza.

Ecco perché l’altro livello di scala delle tante NBS possibili è da realizzare soprattutto nei territori abitati, urbani, periurbani e comunque insediati (fig.1 - Il continuum urbano-rurale), aprendo il dialogo anche sui modelli di governance per la pianificazione ambientale dei grandi progetti infrastrutturali e produttivi, dai trasporti ai data center.

È ora di scegliere materiali rinnovabili (New EU Bauhaus), riusare, recuperare e rigenerare senza consumare altro suolo, e di compensare tutte le azioni di cui non possiamo fare a meno che hanno impatto sulla natura, il territorio, il paesaggio (considerando l’opzione zero tra le alternative progettuali) cercando di riequilibrare gli scompensi indotti sull’ambiente, a cominciare dal combattere l’inquinamento, gli stress termici, la vulnerabilità idraulica, senza lasciare nessuno e nulla indietro.

Gli alberi sono uno degli elementi più importanti nelle NbS, sia in ambito urbano che extra-urbano, perché grazie alla varietà di SE che sono in grado di fornire esplicano naturalmente la multifunzionalità

Dagli alberi alla protezione delle foreste, dalla “liberazione” delle acque fino alle città-spugna con edifici ecologici, parchi, alberi, boschi, tetti e pareti verdi. E’urgente intensificare gli sforzi di mitigazione, aggiornare le strategie di adattamento, coordinare i livelli di governance, promuovere l’adattamento ecosistemico, gestire gli spazi urbani non impermeabilizzati, le infrastrutture verdi e blu (rete di spazi a diverso grado di naturalità), coordinare ed integrare le soluzioni nature-based nella progettazione architettonica di strade e infrastrutture grigie, soprattutto nelle aree a maggiore vulnerabilità, per migliorare l’ambiente e la salute pubblica, per affrontare sfide come la sicurezza idrica, energetica e alimentare o il ruolo del verde urbano per combattere il cambiamento climatico, migliorare il benessere e la salute e sostenere la transizione verde.

Le soluzioni alla crisi socio-ecologica si trovano con e nella natura, evitando le trappole delle politiche emergenziali e tecnocratiche, e vanno dal livello personale a quello collettivo, costruendo comunità alternative più che antagoniste, capaci di inclusività e partecipazione. La trasformazione socio-ecologica è un compito immane che richiede conversione, cooperazione e coraggio e deve fare i conti con molta resistenza e diversi compromessi.