I LANZICHENECCCHI E LA PESTE MANZONIANA ELIA PIER LUCA GIACOMO

In occasione degli scontri per la successione al ducato di Mantova l'imperatore del Sacro Romano Impero, Ferdinando II d'Asburgo, decise di inviare in Italia un nuovo corpo di truppe: i Lanzichenecchi

I Lanzichenecchi erano molto noti per il loro valore, ma soprattutto per la loro ferocia e per i saccheggi che compivano quando attraversavano un territorio. In battaglia utilizzavano regolarmente tecniche definibili "scientifiche": oltre alle classiche alabarde, usavano lance dotate di uncino ideate appositamente per disarcionare il nemico oppure uno spadone a due mani chiamato "Zweihänder" che tagliava le lance del nemico.

Inoltre erano protetti da solide armature, ma abbastanza leggere da consentire movimenti fluidi e sincronici e da ergere un muro di lance così lunghe che i cavalieri nemici non potevano avvicinarsi alla linea nemica.

In occasione degli scontri per decidere la successione al ducato di Mantova, Ferdinando II li inviò a sostegno dell'esercito spagnolo e di Carlo Emanuele I di Savoia , che appoggiavano il duca Ferrante II Gonzaga di Guastalla. Ad essi si contrapponevano le truppe francesi, il Papato e la Repubblica di Venezia, che invece sostenevano Carlo di Nevers come legittimo successore del Ducato di Mantova e del Monferrato dopo la morte senza eredi di Vincenzo II Gonzaga.

I Lanzichenecchi erano soldati mercenari di fanteria, istituiti nel 1487 dall’imperatore germanico Massimiliano I, sul modello dei mercenari svizzeri. Il loro nome derivava dal termine tedesco Landsknecht, cioè “servi della regione”. Questi soldati erano armati principalmente con una columbrina o una daga con lama larga. Erano inoltre divisi in bande di alabardieri, picchieri e columbrineri.

Nel corso della guerra i Lanzichenecchi misero a lungo a ferro e fuoco tutto il sistema difensivo mantovano e l'offensiva durò un anno intero. Ma ai danni civili ed economici, causati dalla guerra, si aggiunse la diffusione di una pestilenza che comportò la morte di migliaia di vite, non solo nel Ducato di Mantova, ma anche in tutta l'Italia settentrionale e centrale. La discesa dei Lanzichenecchi portò dunque caos e distruzione ovunque, dai più piccoli paesi fino alle città più grandi.

Le conseguenze di questo assedio furono molteplici:

- come prima cosa ci fu un elevatissimo tasso di mortalità, infatti la peste portata dall'invasione causò un numero di morti in costante aumento. Questo fenomeno fu molto marcato soprattutto nell'Italia settentrionale.

[A sinistra mappa temporale della diffusione della peste in Italia; a destra una cartina disegnata da G.A. Magini, che mostra le città colpite dalla peste, cioè le bandiere rosse, mentre la bandiera verde indica la città di Ferrara, che fu risparmiata dall'epidemia]

L’impatto demografico ebbe effetti negativi molto gravi, diminuendo drasticamente la forza lavoro e la produttività di numerose città a causa di un ingente decremento della popolazione.

[Dati e tasso di mortalità di alcune città italiane nel 1630]

A ciò conseguì quindi un peggioramento economico: la peste e l'instabilità politica del tempo, dovute alle operazioni militari dei lanzichenecchi, determinarono una sensibile riduzione delle attività di natura commerciale, manifatturiera e agricola

Inoltre come ulteriore conseguenza ci fu la risposta sanitaria con la costruzione di edifici per far fronte all'epidemia e diverse contromisure speciali come l'imposizione della condizione di quarantena, dell'utilizzo del Lazzaretto di Milano e dell'istituzione del corpo dei monatti.

Nel complesso l'invasione ebbe sicuramente un impatto devastante sull'Italia, sia dal punto di vista economico che sociale

Nel Ducato di Milano e nei dintorni vennero osservati i primi casi di una malattia infettiva estremamente dolorosa, ripugnante nei sintomi e per lo più letale. Si pensò presto che una delle concause di questa emergente pestilenza potesse essere proprio l'arrivo dei Lanzichenecchi nel territorio milanese e delle condizioni igieniche in cui questi vivevano. Oltre a ciò venne riconosciuta l'aggravante della situazione di estrema povertà e della mancanza di un efficiente sistema sanitario nel territorio, necessario per far fronte al dilagare della malattia diffusa, come si seppe dopo, da ratti e pulci. Allora molti medici si adoperarono attivamente nel cercare di prevenire e gestire il contagio. Tra questi ci furono il protofisico Ludovico Settala e il suo luogotenente, il celebre conservatore del Tribunale della Sanità, Alessandro Tadino, che aveva precedentemente osservato un caso di diffusione della malattia a Lindau (Svizzera). D'altra parte, nonostante la costante ricerca dei medici, la malattia continuò a diffondersi e a livello popolare divenne fortemente condivisa l'idea che fosse un castigo di Dio oppure che fosse portata da “untori”, inviati dalle forze del Male per cospargere il mondo di olii contaminanti.

[Ludovico Settala e Alessandro Tadino]
"Non si potrà mai credere quante lagrime, quanti sospiri, quanto dolore nel popolo, che veggendo i cadaveri abbandonati per le vie, esclamava piangendo, tanto gli mancava l’assistenza."

(da Lettere sulla peste di Federico Borromeo, arcivescovo di Milano, 1630)

[Sullo sfondo: Il Cardinale Federigo Borromeo]

Il terrore della peste

La peste ha sempre avuto un impatto significativo sulla storia umana, avendo conseguenze devastanti nelle varie civiltà. Infatti il ​​termine deriva dal latino pestis ed indica distruzione, rovina, epidemia, qualsiasi cosa funesta. Nei secoli numerose volte si sono manifestate malattie che sono state indicate con il nome di peste. Tra le più importanti: Atene 430-429 aC descritto dallo storico greco Tucidide, Impero romano 166 dC (peste Antonina) sotto l'imperatore Marco Aurelio , Impero romano 260-270 dC (peste di Cipriano) sotto gli imperatori Valeriano e Claudio II , Europa 1347-1351 la famosa peste nera che causò circa 80 milioni di morti e infine la famosa peste del 1629 che colpì la Svizzera e il Nord Italia fino al Granducato di Toscana . Come accennato prima non sempre queste epidemie erano causate dallo stesso batterio (es. Yersinia pestis ) ma anche da virus come il vaiolo o il morbillo , perciò nel passato non si era veramente a conoscenza delle cause e delle varietà di queste malattie. Per questo motivo erano molto diffuse anche le credenze popolari che attribuivano la colpa della loro diffusione a divinità, all'allineamento dei pianeti, a fumi provenienti dal terreno e dal fuoco o agli untori. La diffusione delle epidemie in realtà spesso era causata da guerre e carestie , che aumentavano la povertà e di conseguenza diminuivano l'igiene, a causa dello spostamento continuo delle legioni militari in luoghi anche molto lontani tra loro.

Tra tutte probabilmente la peste del Trecento fu la più spaventosa, ma anche la più conosciuta e ricordata da tutti, per questo ci affidiamo ad una frase di Boccaccio che riesce a trasmettere il terrore comune provato nei vari secoli a causa delle pestilenze:

"In questa tribolazione avvenne di necessità che l'una donna rifuggiva l'altra, e quasi niuna sapeva essere, né altra persona degna, la quale potesse più che 'l proprio beneficio o cura conoscere: l'una madre abbandonava il proprio figliuolo, e l'uno fratello l'altro, e l'una donna il marito e il marito la moglie."

[G. Boccaccio, introduzione al Decameron]

Curiosità sulla peste:

Il batterio Yersinia pestis può causare tre forme diverse di malattia:

  1. La peste bubbonica: è la forma più comune ed è caratterizzata dalla comparsa di bubboni (linfonodi gonfi e dolorosi). Viene trasmessa principalmente tramite pulci.
  2. La peste polmonare, coinvolge i polmoni e può essere trasmessa da persona a persona attraverso gocce di vapore acqueo inspirate a breve distanza dal malato. È altamente contagiosa e mortale, se non trattata rapidamente.
  3. La peste setticemica, deriva da un'infezione del sangue. Il sangue coagula eccessivamente, ostruisce i vasi sanguigni e causa emorragie. A causa del flusso sanguigno bloccato si sviluppa cancrena negli arti, che possono assumere un colore nero (da qui il nome “peste nera” dato alla malattia).

Ancora oggi l'attenzione per questa malattia è molto alta.

Al momento non è disponibile un vaccino contro la peste, per cui non è possibile effettuare un trattamento preventivo di questa malattia. Diventa quindi essenziale riconoscerne i sintomi rapidamente e intervenire nelle prime ore dalla loro comparsa.

La peste polmonare si manifesta con febbri, mal di testa, debolezza, e un rapido sviluppo di polmonite, con i suoi segnali caratteristici: respiro corto, dolori toracici, tosse. Se il trattamento non è rapido, il paziente può morire nel giro di pochi giorni. Per ridurre le probabilità di morte è essenziale trattare con antibiotici. Il trattamento con antibiotici è raccomandato, secondo i CDC americani, per sette giorni anche nelle persone che entrano potenzialmente a contatto con il malato, per prevenire l’insorgenza della malattia.

Sebbene la peste non sia comune nel XXI secolo, rimane una malattia da non sottovalutare. Il 4 novembre 2014, il ministero della Salute del Madagascar ha notificato un’epidemia di Peste all’Organizzazione mondiale della sanità (OMS). Il caso indice si è verificato il 31 agosto ed è deceduto il 3 settembre 2014. Al 16 di novembre erano stati notificati all’OMS 119 casi confermati. L’elevata densità di popolazione, la debolezza del sistema sanitario e la resistenza delle pulci agli insetticidi usati per disinfestare, sono fattori che aumentano il rischio di trasmissione.

MILANO, "CITTÀ EMPORIO"

Prima dell'avvento del quinquennio dell'epidemia di peste e già dagli anni '80 del Cinquecento, la città di Milano fu al centro dell'economia e dello scambio di commerci di tutto il Nord Italia, assumendo il ruolo di "città emporio", dopo una ripresa economica, avvenuta a seguito della prima metà del XVI secolo, segnata da carestie, epidemie e guerre.

Già a partire dal Cinquecento, infatti, Milano rappresentava l'asse economico del Ducato e spesso la gente si recava in città per acquisti di ogni genere, essendo l'economia urbana basata principalmente sull'esportazione. Questo indusse il governo a fissare dazi di scambio più bassi, in modo tale da contenere il fenomeno del contrabbando.

In effetti molteplici furono i fattori che permisero l'ascesa economica del Ducato tra il XVI e il XVIII secolo:

  • All'interno delle mura si poteva trovare abbondanza di merci di ogni tipo, principalmente grano, riso, oggetti manifatturieri di lusso, come opere di oreficeria, gioielli e tessuti pregiati come la seta.
  • Le produzioni milanesi venivano particolarmente valorizzate dai mercanti che lavoravano all'ingrosso e che quindi erano spesso in contatto con acquirenti stranieri, favorendo il fenomeno di esportazione verso l'estero che caratterizzò la seconda metà del Cinquecento.
  • La produzione di seta si rivelò essere particolarmente pregevole e stabile anche durante l'epidemia e contribuì dunque ad aiutare la ripresa economica del Ducato dopo l'ingente tasso di mortalità che colpì la categoria degli artigiani, causata dalla malattia.
  • La città era famosa e ricca di bellezze architettoniche tanto da attirare la gente proveniente dall'estero.

In particolare per quanto riguarda la produzione di seta è noto che già in età rinascimentale a Como e Lecco era praticata la gelsibachicoltura (l'allevamento di bachi da seta connessa alla coltivazione di gelsi) destinata ai tessitori milanesi, grazie alla cui esperienza, le sete del Ducato di Milano risultavano tra le migliori d'Europa. In età spagnola, nonostante le continue proteste dei setaioli milanesi, la lavorazione della seta si diffuse nelle campagne lariane dove, come evidenziato da un'indagine effettuata dalle magistrature milanesi intorno alla metà del '600, erano già in funzione 124 “mulini da seta” .

In seguito all'avvento della peste, poi, si ebbe il fenomeno della cosiddetta "svolta mercantile", che favorì il processo di importazione di merci dall'estero e che aiutò a mantenere il prestigio della città. Infatti nel 1693, su una popolazione di pressappoco 80.000 abitanti, circa il 30% (più o meno 25.000 persone) era occupata nella produzione dei beni di lusso tra cui proprio la seta. Nello stesso periodo grandi negozianti milanesi si erano aperti anche a nuove attività economiche come le attività finanziarie e logistiche, e, grazie ad una fitta rete di relazioni, essi permisero l'estensione degli affari in tutta l'Europa occidentale. Durante la prima metà del Settecento poi si poterono contare circa una novantina di ditte commerciali e bancarie e una ventina di fabbriche dedicate alla produzione tessile.

L'attenzione degli storici che si sono occupati di recente dell'economia lombarda nel XVII secolo si è concentrata sulla capacità di compensazione del declino cittadino da parte della manifattura rurale, come suggerito dallo storico ed economista, Paolo Malanima.

Angelo Moioli nel 2011 si misurò per primo sul tema proposto dal prof. Malanima, in una riflessione sul Seicento economico del Ducato. I punti più incisivi riguardavano proprio l'organizzazione e la localizzazione delle manifatture.

Moioli invitava a riconsiderare la tipicità della manifattura lombarda perché esercitata in poli produttivi interdipendenti, dislocati su un territorio che andava oltre i confini politici dello Stato di Milano.

Beonio-Brocchieri, dal canto suo, rivolgendo la propria ricerca verso l’area a nord di Milano portò a significative acquisizioni, innanzitutto a proposito della struttura organizzativa di quelle aree che egli definì «protodistretti industriali».

A partire dagli anni ’90 l’interesse e il lavoro di ricerca degli storici dell'economia ha permesso finalmente la pubblicazione nel 1996 di Lombardia borromaica - Lombardia spagnola 1554-1659: «Attività economiche, equilibri politici».

Dalla seconda metà degli anni ’90 del Novecento sono state compiute ulteriori ricerche relative all’apparato militare, alla spesa bellica e alla finanza pubblica milanese nei secoli XVI-XVII.

È stato provato che la manifattura milanese delle armi, ritenuta un tempo decaduta già a partire dalla fine del XVI secolo, era ancora vitale negli anni ’40 del Seicento ed era in grado di far fronte alla domanda espressa non solo in Lombardia, ma anche in altre aree della Monarchia.

Nonostante la vitalità del mondo produttivo e mercantile di quel periodo, però, gli esiti delle ricerche pubblicate nel corso degli ultimi quindici anni hanno fornito prove circostanziate e confermato l'incapacità di coprire i costi dell’amministrazione pubblica a favore della gravosa presenza militare nella Lombardia spagnola seicentesca.