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Ebraismo Pastorale

La giustizia e la pace

In quei giorni. Isaia parlò, dicendo: «In noi sarà infuso uno spirito dall’alto; allora il deserto diventerà un giardino e il giardino sarà considerato una selva. Nel deserto prenderà dimora il diritto e la giustizia regnerà nel giardino. Praticare la giustizia darà pace, onorare la giustizia darà tranquillità e sicurezza per sempre. Il mio popolo abiterà in una dimora di pace, in abitazioni tranquille, in luoghi sicuri, anche se la selva cadrà e la città sarà sprofondata. Beati voi! Seminerete in riva a tutti i ruscelli e lascerete in libertà buoi e asini». (Is 32,15-20).

La storia dimostra un particolare impegno della Chiesa universale sui temi della Giustizia e della Pace e ciò è verificabile anche attraverso un’analisi dei documenti della Chiesa stessa.

Papa Paolo VI nel Messaggio per la celebrazione della V Giornata della Pace, il 1 gennaio 1972, diceva: «Se vuoi la Pace, lavora per la Giustizia» e papa Giovanni Paolo II per la Giornata Mondiale della Pace, il 1° gennaio 2002, celebrata sullo sfondo dei drammatici eventi dell'11 settembre 2001, affermava «Non c' è pace senza giustizia, non c' è giustizia senza perdono».

Ma già Giovanni XXIII, nell’aprile del 1963 aveva pubblicato l’enciclica Pacem in terris, la sua seconda enciclica, il primo documento ecclesiale esplicitamente dedicata alla pace, in clima di guerra fredda tra Stati Uniti e Unione Sovietica e, basandosi costantemente sull’insegnamento della Chiesa in materia sociale, specialmente sui testi del suo predecessore Pio XII, ma anche su quelli di Leone XIII, insisteva sui diritti dell’uomo, sul bene comune, sul rispetto delle minoranze nazionali, sulla comunicazione e il rispetto tra le nazioni, sui rifugiati politici, il disarmo e le istituzioni internazionali.

Già nell’intitolare l’Enciclica stessa aveva affermato che non è possibile parlare di pace se non vi è verità, se non vi è giustizia, se non vi è amore, se non vi è libertà (i quattro pilastri della pace): Pacem in terris de pace omnium gentium in veritate, iustitia, caritate, libertate constituenda.

Ed è proprio nell’ambito della Giustizia che rientrano le questioni riguardanti la giustizia sociale, con gli specifici problemi del mondo del lavoro, e la giustizia internazionale, con le relative problematiche dello sviluppo e della sua dimensione sociale, ma anche l'esame e la riflessione, sotto il profilo etico, dell'evoluzione dei sistemi economici e finanziari, nonché la problematica legata alla questione ambientale e alle responsabilità incombenti nella gestione dei beni della terra.

Del resto già papa Paolo VI aveva affermato, nell’Enciclica Populorum progressio al numero 14, che «noi non accettiamo di separare l’economico dall’umano, lo sviluppo dalla civiltà dove si inserisce. Ciò che conta per noi è l’uomo, ogni uomo, ogni gruppo d’uomini, fino a comprendere l’umanità intera».

Il Magistero di papa Francesco, in particolare nell’enciclica Fratelli tutti, sulla fraternità e l’amicizia sociale, rappresenta il passo decisivo nel cammino della Chiesa riguardo alla costruzione della Pace, frutto della Giustizia (Is 32,17) e della Carità.

Papa Francesco parla di «una fraternità senza confini», di un «cuore aperto al mondo intero».

«L’affermazione che come esseri umani siamo tutti fratelli e sorelle, se non è solo un’astrazione ma prende carne e diventa concreta, ci pone una serie di sfide che ci smuovono, ci obbligano ad assumere nuove prospettive e a sviluppare nuove risposte» (Fratelli tutti 128).

E ci ricorda che:

«Il bene, come anche l’amore, la giustizia e la solidarietà, non si raggiungono una volta per sempre; vanno conquistati ogni giorno. Non è possibile accontentarsi di quello che si è già ottenuto nel passato e fermarsi, e goderlo come se tale situazione ci facesse ignorare che molti nostri fratelli soffrono ancora situazioni di ingiustizia che ci interpellano tutti» (Fratelli tutti 11).

E’ in questo contesto ideale che ben si inserisce il Discorso del Santo Padre Francesco ai partecipanti all’Executive Committee Meeting del “World Jewish Congress”, il 22 novembre del 2022, in cui si sottolinea quanto possa essere prezioso ed auspicabile il contributo del dialogo tra ebrei e i cristiani alla costruzione della Pace nella Giustizia:

«…Cari amici, alla luce dell’eredità religiosa che condividiamo, guardiamo al presente come a una sfida che ci accomuna, come a un’esortazione ad agire insieme. Alle nostre due comunità di fede è affidato il compito di lavorare per rendere il mondo più fraterno, lottando contro le disuguaglianze e promuovendo una maggiore giustizia, affinché la pace non rimanga una promessa dell’altro mondo, ma sia già realtà in questo. Sì, la strada della pacifica convivenza comincia dalla giustizia che, insieme alla verità, all’amore e alla libertà, è una delle condizioni fondamentali per una pace duratura nel mondo (cfr Giovanni XXIII, Lett. enc. Pacem in terris, 18.20.25). Quanti esseri umani, creati a immagine e somiglianza di Dio, sono sfigurati nella loro dignità, a causa di un’ingiustizia che lacera il pianeta e rappresenta la causa soggiacente a tanti conflitti, la palude in cui ristagnano guerre e violenze! Colui che tutto ha creato secondo ordine e armonia ci invita a bonificare questa palude di ingiustizia che affossa la convivenza fraterna nel mondo, tanto quanto le devastazioni ambientali compromettono la salute della terra.

Foto: Vatican Media

Iniziative comuni e concrete volte a promuovere la giustizia richiedono coraggio, collaborazione e creatività. E beneficiano grandemente della fede, della capacità di riporre la fiducia nell’Altissimo e di lasciarsi guidare da Lui, piuttosto che da meri interessi terreni, che sono sempre immediati e non lungimiranti, particolari e incapaci di abbracciare l’insieme. La fede ci ridesta invece al pensiero che ogni uomo è a immagine e somiglianza dell’Altissimo, chiamato a incamminarsi verso il suo regno. Le Scritture, poi, ci ricordano che poco o nulla possiamo fare se Dio non ci dà la forza e l’ispirazione: «Se il Signore non costruisce la casa, invano si affaticano i costruttori» (Sal 127,1). In altre parole, le nostre iniziative politiche, culturali e sociali per migliorare il mondo – quello che voi chiamate “Tiqqun Olam” – non potranno avere il buon esito sperato senza la preghiera e senza l’apertura fraterna alle altre creature in nome dell’unico Creatore, il quale ama la vita e benedice gli operatori di pace».

Foto: Vatican Media

Ancora sempre attuali le parole del Cardinal Carlo Maria Martini, pronunciate, presso la Pontificia Università Gregoriana il 4 novembre 2004, all’interno del ciclo di conferenze: “La Chiesa Cattolica e l'Ebraismo dal Vaticano II ad oggi”:

«È necessario mettersi insieme per realizzare iniziative concrete di carità, di servizio, di giustizia e di pace. L’etica cristiana e l’etica ebraica sono in gran parte identiche e tendono agli stessi obiettivi. Proprio per questo è possibile che ebrei e cristiani lavorino insieme in molti campi e si creino così quelle condizioni di mutua fiducia che sono la strada maestra per un dialogo interreligioso, interculturale e anche politico».

Fonte: Chiesa di Milano