«Spes non confundit», «la speranza non delude» (Rm 5,5)
FRANCESCO
VESCOVO DI ROMA SERVO DEI SERVI DI DIO
A QUANTI LEGGERANNO QUESTA LETTERA LA SPERANZA RICOLMI IL CUORE
La speranza è dunque il messaggio centrale del prossimo Giubileo ordinario dell’anno 2025, indetto da papa Francesco con una Bolla datata 9 maggio 2024, nella solennità dell’Ascensione.
«Possa il Giubileo essere per tutti occasione di rianimare la speranza. La Parola di Dio ci aiuta a trovarne le ragioni. Lasciamoci condurre da quanto l’apostolo Paolo scrive proprio ai cristiani di Roma.».
Questo auspicio è contenuto già nelle prime righe della Bolla e si rifà ad una citazione dalla Lettera ai Romani: «La speranza poi non delude, perché l'amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato». (Rm 5,5)
Il Giubileo si apre in una dimensione di evangelizzazione universale che va oltre i confini ecclesiali perché «Tutti sperano. Nel cuore di ogni persona è racchiusa la speranza come desiderio e attesa del bene, pur non sapendo che cosa il domani porterà con sé». (Bolla Pont. 1).
Papa Francesco affida al Pontificio Consiglio per la Promozione della Nuova Evangelizzazione, nella persona del Presidente Mons. Rino Fisichella, il coordinamento del prossimo Anno Santo che, come aveva anticipato nel marzo 2024
«Sarà un Giubileo in cui dovrà emergere la forza della speranza».
Già nel febbraio del 2022, quando ancora era in corso la quarta fase della pandemia che ha coinvolto tutto il mondo - «non c’è stato un Paese che non sia stato sconvolto dall’improvvisa epidemia che, oltre ad aver fatto toccare con mano il dramma della morte in solitudine, l’incertezza e la provvisorietà dell’esistenza, ha modificato il nostro modo di vivere» - in una lettera a Mons. Rino Fisichella, papa Francesco delinea le linee del programma pastorale del prossimo Giubileo.
«Dobbiamo tenere accesa la fiaccola della speranza che ci è stata donata, e fare di tutto perché ognuno riacquisti la forza e la certezza di guardare al futuro con animo aperto, cuore fiducioso e mente lungimirante. Il prossimo Giubileo potrà favorire molto la ricomposizione di un clima di speranza e di fiducia, come segno di una rinnovata rinascita di cui tutti sentiamo l’urgenza. Per questo ho scelto il motto Pellegrini di speranza. Tutto ciò però sarà possibile se saremo capaci di recuperare il senso di fraternità universale, se non chiuderemo gli occhi davanti al dramma della povertà dilagante che impedisce a milioni di uomini, donne, giovani e bambini di vivere in maniera degna di esseri umani».
Il Giubileo 2025, una grande occasione pastorale
Sarà Mons. Fisichella, a Brasilia, il 30 gennaio 2024 ad affermare quindi che l’Anno di Grazia «è anzitutto un’esperienza di fede» che consente di «vivere in pienezza la misericordia del Padre», oltreché «una proposta pastorale da non sottovalutare».
Il tema della speranza è «un contenuto privilegiato dell’evangelizzazione».
Mons. Fisichella afferma tra l’altro: «Tenere viva la speranza non è solo una missione che i cristiani hanno ricevuto dal Signore quando li ha inviati a annunciare il suo Vangelo in ogni parte del mondo […] oggi diventa soprattutto una responsabilità perché nella decadenza che si sperimenta nei vari settori dell’esistenza personale e sociale è urgente e necessario che si levi la voce di quanti portano una parola e un segno capaci di guardare al presente con occhi differenti».
Il giubileo è una tappa del cammino della vita
«…la speranza rende il cammino della vita un vero pellegrinaggio, perché sostiene la fatica, l’incomprensione, il dolore […] e infonde il senso della gioia e della serenità che scaturiscono proprio dalla capacità di guardare al presente come premessa vera di genuino futuro per una vita eterna».
Quanti sperano nel Signore… camminano senza stancarsi
«Ma quanti sperano nel Signore riacquistano forza, mettono ali come aquile, corrono senza affannarsi, camminano senza stancarsi». (Is 40,31)
Papa Francesco nel Messaggio per la 39° giornata della gioventù dal titolo Quanti sperano nel Signore camminano senza stancarsi, afferma tra l’altro:
«La nostra vita è un pellegrinaggio, un viaggio che ci spinge oltre noi stessi, un cammino alla ricerca della felicità; e la vita cristiana, in particolare, è un pellegrinaggio verso Dio, nostra salvezza e pienezza di ogni bene… Tuttavia, è normale che, pur iniziando i nostri percorsi con entusiasmo, prima o poi cominciamo ad avvertire la stanchezza […]. La soluzione alla stanchezza, paradossalmente, non è restare fermi per riposare. È piuttosto mettersi in cammino e diventare pellegrini di speranza. Questo è il mio invito per voi: camminate nella speranza!».
Pellegrini e non turisti
«Cari giovani, l’invito che vi rivolgo è quello di mettervi in cammino, alla scoperta della vita, sulle tracce dell’amore, alla ricerca del volto di Dio. Ma ciò che vi raccomando è questo: mettetevi in viaggio non da meri turisti, ma da pellegrini. Il vostro camminare, cioè, non sia semplicemente un passare per i luoghi della vita in modo superficiale, senza cogliere la bellezza di ciò che incontrate, senza scoprire il senso delle strade percorse […] Il pellegrinaggio giubilare vuole diventare il segno del viaggio interiore che tutti noi siamo chiamati a compiere, per giungere alla mèta finale».
La speranza non è solo attesa del mondo futuro
«…i cristiani abitano in questo mondo, ma non sono del mondo». (Lettera a Diogneto, 6)
«Il cristiano non è cittadino della sua città perché la sua patria è il cielo, da là viene e là deve tornare, e però non è straniero perché lui non passa dalla città come se lui fosse indifferente alla sua vita, alla sua realizzazione.» (Luigi Franco Pizzolato)
Anche in Gudium et spes al n. 43 si legge: «Sbagliano coloro che, sapendo che qui noi non abbiamo una cittadinanza stabile ma che cerchiamo quella futura, pensano che per questo possono trascurare i propri doveri terreni, e non riflettono che invece proprio la fede li obbliga ancora di più a compierli, secondo la vocazione di ciascuno».
Quanti interrogativi si presentano dunque al cuore di un cristiano di fronte alla realtà che vive nell’oggi del nostro mondo! «Che mondo è mai questo?» si domanda, insieme con noi, ma muovendo certamente non da istanze religiose, la filosofa strutturalista statunitense Judith Butler in un suo saggio. Che mondo è quello in cui viviamo, dove il privilegio di pochi provoca tanta diseguaglianza, povertà, guerre, prevaricazioni, razzismo?
Per questi motivi viviamo in un mondo che sembra senza controllo, che fa paura, che sembra essere senza speranza. Proprio per queste ragioni c’è necessità di ritrovare la speranza, tornare a praticare la speranza e per fare ciò occorre un tempo di sospensione, la sospensione del precipitarsi del tempo, perché si possa “tornare a sentire ciò che chiede di essere tratto fuori dal silenzio, ciò che nell’oscuro palpitare, crea chiarezza” ((Marìa Zambrano, Il sapere dell’anima).
Il riposo
«Il cinquantesimo anno sarà per voi un Giubileo; non farete né semina, né mietitura di quanto i campi produrranno da sé, né farete la vendemmia delle vigne non potate. Poiché è il Giubileo; esso vi sarà sacro; potrete però mangiare il prodotto che daranno i campi» (Lev 25,11-12).
Dal punto di vista biblico il Giubileo, un’istituzione centrale per il popolo di Israele, ha come primo tema il «riposo» della terra».
«C'è una fondamentale espressione e proposta di esperienze nell'anno giubilare: il riposo. Un riposo carico di dono e di rapporto con Dio: tutto è dono suo e tutto possiamo riferirlo a Lui. La cultura del "sabato" cambia la qualità della vita; riconduce alle proprie radici, alla ragione del proprio esistere; e può aprire alla felicità possibile nella storia». Luciano Pacomio
«Far riposare la terra vuol dire non seminarla e non raccoglierne i frutti. Questa scelta, da un lato, fa scoprire che la terra è un dono, perché, sia pure in minor quantità, qualcosa essa riesce comunque a produrre. I suoi frutti saranno più striminziti, ma non mancheranno. Si ricorderebbe, così, che i cicli della natura non dipendono solo dal lavoro dell’uomo ma anche dal Creatore». (Mons. Gianfranco Ravasi)
«Come insegna la Sacra Scrittura, la terra appartiene a Dio e noi tutti vi abitiamo come “forestieri e ospiti” (Lv 25,23). Se veramente vogliamo preparare nel mondo la via della pace, impegniamoci a rimediare alle cause remote delle ingiustizie, ripianiamo i debiti iniqui e insolvibili, saziamo gli affamati». (Papa Francesco)
«La giustizia, secondo la legge di Israele, consisteva soprattutto nella protezione dei deboli»
«Lo spirito del Signore Dio è su di me perché il Signore mi ha consacrato con l'unzione; mi ha mandato a portare il lieto annunzio ai poveri, a fasciare le piaghe dei cuori spezzati, a proclamare la libertà degli schiavi, la scarcerazione dei prigionieri, a promulgare l'anno di misericordia del Signore, un giorno di vendetta per il nostro Dio, per consolare tutti gli afflitti, per allietare gli afflitti di Sion, per dare loro una corona invece della cenere, olio di letizia invece dell'abito da lutto, canto di lode invece che un cuore mesto» (Isaia 61,1-3a).
Gesù riprende in Sinagoga a Nazareth il brano di Isaia e conferma l’anno di grazia del Signore, il tempo del Messia: «Oggi si è adempiuta questa Scrittura che voi avete udita con i vostri orecchi». (Lc 4, 21).
Nell’Anno giubilare - afferma papa Francesco, saremo chiamati ad essere segni tangibili di speranza per tanti fratelli e sorelle che vivono in condizioni di disagio: detenuti, ammalati, profughi, esuli, rifugiati, anziani, giovani nelle loro fragilità, i miliardi di poveri.
Giovanni Paolo II, Terzo millennio adveniente, 13: «L'anno giubilare doveva restituire l'eguaglianza tra tutti i figli d'Israele, schiudendo nuove possibilità alle famiglie che avevano perso le loro proprietà e perfino la libertà personale […] La giustizia, secondo la legge di Israele, consisteva soprattutto nella protezione dei deboli».
Papa Francesco nella Bolla di indizione: «Facendo eco alla parola antica dei profeti, il Giubileo ricorda che i beni della Terra non sono destinati a pochi privilegiati, ma a tutti […] Un altro invito accorato desidero rivolgere in vista dell’Anno giubilare: è destinato alle Nazioni più benestanti, perché riconoscano la gravità di tante decisioni prese e stabiliscano di condonare i debiti di Paesi che mai potrebbero ripagarli. Prima che di magnanimità, è una questione di giustizia».
Il prossimo Giubileo, dunque, sarà un Anno Santo caratterizzato dalla speranza che non tramonta, quella in Dio.
Da Evangelii Gaudium 271:
«È vero che, nel nostro rapporto con il mondo, siamo invitati a dare ragione della nostra speranza, ma non come nemici che puntano il dito e condannano. Siamo molto chiaramente avvertiti: “sia fatto con dolcezza e rispetto” (1 Pt 3,16), e “se possibile, per quanto dipende da voi, vivete in pace con tutti” (Rm 12,18)».
«(Dio) ci aiuti pure a ritrovare la fiducia necessaria, nella Chiesa come nella società, nelle relazioni interpersonali, nei rapporti internazionali, nella promozione della dignità di ogni persona e nel rispetto del creato. La testimonianza credente possa essere nel mondo lievito di genuina speranza, annuncio di cieli nuovi e terra nuova (cfr. 2Pt 3,13), dove abitare nella giustizia e nella concordia tra i popoli, protesi verso il compimento della promessa del Signore». (Bolla Pont. 25)
Diligite iustitiam qui iudicatis terram
Amate la giustizia, voi che governate sulla terra.
(Sap 1,1)
Credits:
Created with images by • waranyu - green grass background, football field