EBRAISMO

Pastorale. A 60 anni da Nostra Aetate

Nacque codesto Documento, come imprescindibile esigenza teologica e pastorale, quando ormai da tempo, per iniziativa di Papa Giovanni, erano avviati nuovi rapporti con i fratelli separati. Nacque come bisogno di estendere la carità, la considerazione, l’invito non solo ai figli di Israele, ai quali venne affidato l’adempimento della promessa universale di salvezza, e tra i quali nacque il Salvatore ed ebbe inizia la sua Chiesa, ma a tutti gli uomini e i popoli, le civiltà e le religioni: senza esclusione alcuna. (Mons. Alessandro Gottardi, arcivescovo di Trento, Natale 1965).

Tratto da R. Burigana, Fratelli in cammino. Storia della Dichiarazione Nostra Aetate, Ed. Terra Santa (Milano 2015), 145

Con queste parole, a poche settimane dalla conclusione del Concilio Vaticano II, mons. Gottardi, arcivescovo di Trento, presentava la Dichiarazione sulle relazioni della Chiesa con le religioni non cristiane NOSTRA AETATE, approvata e promulgata il 28 ottobre 1965 dal Concilio Ecumenico Vaticano II.

Il Cardinale Francesco Coccopalmerio scrive:

«La dichiarazione Nostra Aetate costituisce uno dei testi fondamentali del Concilio Vaticano II per il suo contenuto e per la sua recezione. Nostra Aetate ha aperto nuove prospettive alla Chiesa Cattolica nella riflessione e nella testimonianza dell’importanza del dialogo, fondata sull’accoglienza dell’altro, la conoscenza dell’altro, la condivisione dei “doni” dell’altro» (Burigana, 2015,7).

Nel nostro tempo…

«Nel nostro tempo in cui il genere umano si unifica di giorno in giorno più strettamente e cresce l'interdipendenza tra i vari popoli, la Chiesa esamina con maggiore attenzione la natura delle sue relazioni con le religioni non-cristiane. Nel suo dovere di promuovere l'unità e la carità tra gli uomini, ed anzi tra i popoli, essa in primo luogo esamina qui tutto ciò che gli uomini hanno in comune e che li spinge a vivere insieme il loro comune destino.» (NA 1)

Le parole di don Gianfranco Bottoni ci aiutano a contestualizzare il documento e ne evidenziano anche l’attualità:

«L’incipit del documento con le parole nostra aetate rimanda in modo evidente al mondo contemporaneo e, di conseguenza, al testo conciliare che ha affrontato la questione della presenza della chiesa nel mondo: la costituzione Gaudium et Spes. Questo riferimento al mondo di oggi è una sorta di chiave ermeneutica per la lettura di NA. L’incontro con le religioni e la prospettiva del dialogo con esse sono infatti istanze nate ai nostri tempi. Non solo, c’è di più. Sono istanze che vanno inquadrate nei processi di unificazione e nei fenomeni di interdipendenza che caratterizzano il mondo contemporaneo.»

G. Bottoni, Il Documento Nostra Aetate dal Concilio Vaticano II ad oggi, intervento tenuto presso la Fondazione Giuseppe Lazzati, www.chiesadimilano.it 10/2/2013), 1

In Nostra Aetate, infatti, possiamo cogliere l’attenzione ai segni dei tempi, riproposta alla coscienza cristiana da Giovanni XXIII e dal Concilio, come apertura al mondo e questa prospettiva investe anche l’esigenza di nuove relazioni tra le religioni.

Anche la Costituzione Conciliare Lumen Gentium ha affrontato il tema delle relazioni con i non cristiani a partire dalla centralità della Chiesa, allargando la prospettiva del popolo di Dio:

«Infine, quanto a quelli che non hanno ancora ricevuto il Vangelo, anch'essi in vari modi sono ordinati al popolo di Dio». (LG 16).
Nostra Aetate rappresenta il primo tentativo di uscire da una visione ecclesiocentrica: la Chiesa infatti «nel suo dovere di promuovere l'unità e la carità tra gli uomini, ed anzi tra i popoli, in primo luogo esamina qui tutto ciò che gli uomini hanno in comune e che li spinge a vivere insieme il loro comune destino. I vari popoli costituiscono infatti una sola comunità.» (NA 1).
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Una comunità che condivide l’origine e la fine: i popoli infatti: «hanno una sola origine, poiché Dio ha fatto abitare l'intero genere umano su tutta la faccia della terra, hanno anche un solo fine ultimo, Dio, la cui Provvidenza, le cui testimonianze di bontà e il disegno di salvezza si estendono a tutti, finché gli eletti saranno riuniti nella città santa, che la gloria di Dio illuminerà e dove le genti cammineranno nella sua luce» (NA 1).

Le diverse religioni

La Dichiarazione, nelle sue cinque parti apre nuove prospettive per il dialogo partendo da un giudizio positivo sulle altre realtà religiose:

«La Chiesa cattolica nulla rigetta di quanto è vero e santo in queste religioni. Essa considera con sincero rispetto quei modi di agire e di vivere, quei precetti e quelle dottrine che, quantunque in molti punti differiscano da quanto essa stessa crede e propone, tuttavia non raramente riflettono un raggio di quella verità che illumina tutti gli uomini.» (NA 2)
«Tuttavia essa annuncia, ed è tenuta ad annunciare, il Cristo che è “via, verità e vita” (Gv 14,6), in cui gli uomini devono trovare la pienezza della vita religiosa e in cui Dio ha riconciliato con se stesso tutte le cose». (NA 2).

La religione musulmana

Nella terza parte del documento viene espressa particolare attenzione al mondo islamico auspicando il superamento di dissensi e inimicizie e la promozione comune della giustizia sociale, della pace e della libertà:

«La Chiesa guarda anche con stima i musulmani che adorano l'unico Dio, vivente e sussistente, misericordioso e onnipotente, creatore del cielo e della terra». (NA 3)

La religione ebraica

«Scrutando il mistero della Chiesa, il sacro Concilio ricorda il vincolo con cui il popolo del Nuovo Testamento è spiritualmente legato con la stirpe di Abramo». (NA 4)

Con queste parole inizia il paragrafo 4 in cui si affronta il tema della relazione con il popolo ebraico. Il Vaticano II e la lunga stagione della sua recezione hanno segnato una svolta decisiva nei rapporti tra la Chiesa Cattolica e il mondo ebraico.

«E se è vero che la Chiesa è il nuovo popolo di Dio, gli Ebrei tuttavia non devono essere presentati come rigettati da Dio, né come maledetti, quasi che ciò scaturisse dalla sacra Scrittura. Curino pertanto tutti che nella catechesi e nella predicazione della parola di Dio non si insegni alcunché che non sia conforme alla verità del Vangelo e dello Spirito di Cristo» (NA 4).

Anche se il testo di NA 4 non affronta il problema dell’elezione di Israele e mantiene un linguaggio «sostituzionista» che interpreta l’idea che la Chiesa continua ad essere il nuovo e vero Israele, tuttavia inaugura un processo irreversibile nel cui solco Giovanni Paolo II parlerà degli ebrei come popolo dell’Alleanza mai revocata (denunziata): «La prima dimensione di questo dialogo, cioè l’incontro tra il popolo di Dio dell'Antica Alleanza, da Dio mai denunziata (cf. Rm 11,29), e quello della Nuova Alleanza, è allo stesso tempo un dialogo all’interno della nostra Chiesa, per così dire tra la prima e la seconda parte della sua Bibbia».

Nella Lettera ai Romani si legge: «perché i doni e la chiamata di Dio sono irrevocabili!» (Rm 11,29), segno di una chiamata che non è mai venuta meno. In occasione del 50° Anniversario di Nostra Aetate, la Pontificia Commissione per le relazioni religiose con l'Ebraismo pubblica un documento «su questioni teologiche attuali, sviluppatesi a partire dal Concilio Vaticano Secondo».

«Nella preistoria di NA c’è un importante antefatto, datato giugno 1960: Jules Isaac, il famoso intellettuale che aveva denunciato la cosiddetta “cultura del disprezzo” dei cristiani nei confronti del popolo ebraico, incontra Giovanni XXIII in Vaticano. Quell’incontro colpì il papa al punto che, subito dopo e in vista del concilio, incaricò il card. Agostino Bea di preparare un testo sui rapporti dei cristiani con gli ebrei.». (G. Bottoni)

Il testo di NA 4 affronta poi il problema dell’antisemitismo e mette in guardia dagli stereotipi antigiudaici, che da quasi due millenni inquinano la tradizione cristiana. In particolare, a proposito della morte di Cristo, afferma: «quanto è stato commesso durante la sua passione non può essere imputato né indistintamente a tutti i giudei allora viventi né ai giudei del nostro tempo». E ribadisce che la morte del Signore è stata a causa dei peccati di tutta l’umanità e per la salvezza di tutti.

Nella chiesa cattolica la ricezione di NA 4, ulteriormente confermata negli Orientamenti del 1974 e stimolata dai Sussidi del 1982, porta i vescovi italiani a deliberare nel 1989, in sede CEI, l’istituzione della Giornata per l’approfondimento e lo sviluppo del dialogo tra cattolici ed ebrei. Di conseguenza, a partire dal 17 gennaio 1990, ogni anno la settimana di preghiera per l’unità dei cristiani (18-25 gennaio) viene preceduta da questa Giornata che invita a riflettere sulla relazione dei cristiani con gli ebrei.

Fraternità universale

La dichiarazione NA si conclude con il quinto e ultimo paragrafo sulla fratellanza universale. Questa, per i credenti, si fonda sulla professione di Dio Padre di tutti e sul fatto che gli esseri umani sono creati a immagine di Dio. Ne consegue la condanna di ogni discriminazione e di ogni forma di persecuzione. Viene esaltata la dignità della persona umana, con i diritti che ne derivano. La raccomandazione finale rivolta ai cristiani è di stare in pace con tutti, «per essere realmente figli del Padre che è nei cieli».

Nel 2019, viene firmato da Papa Francesco e dal Grande Imam di Al-Azhar Ahmad Al-Tayyeb, un Documento sulla Fratellanza che conferma ciò che Nostra Aetate aveva preannunciato.

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