A te che leggi queste parole, non dimenticare! Non è stato un semplice atto di guerra, ma una vile repressione di un popolo diverso, uno sterminio programmato
Una Cicatrice nella Memoria del Mondo
Siamo nel 1988 di preciso il giorno 16 Marzo , mancano pochi giorni per capo danno Kurdo “NAWROZ”, Halabja giaceva sonnolenta sotto un cielo azzurro nel silenzio dalle ombre delle montagne .
Nessuno pensava che il 16 marzo avrebbe scolpito il suo nome nella storia con il sangue e le lacrime delle sue anime innocenti.
Le strade polverose erano animate dalle voci dei bambini che giocavano, mentre gli adulti andavano avanti con le loro quotidiane faccende. Ma poi, all'improvviso, il cielo esplose in un arcobaleno tossico di gas letale. La vita si trasformò in morte in un istante. I corpi caddero come foglie bruciate, le urla squarciarono l'aria, ma il male invisibile non conosceva pietà.
La bomba chimica aveva trasformato la città in un inferno sulla Terra. I sopravvissuti, avvolti nelle nuvole di gas, lottavano per respirare, mentre i loro occhi si riempivano di terrore e disperazione. Le strade diventarono un camposanto, con i corpi delle vittime disseminati come macabre offerte al furore della guerra.
Tra le rovine fumanti, si ergono storie di coraggio e tragedia. Le madri abbracciavano i loro figli senza vita, gli amanti si separavano per sempre, e le famiglie intere venivano spazzate via in un attimo di follia omicida ,Halabja era diventata il simbolo della barbarie umana, un monito vivente della distruzione che l'uomo può infliggere al suo simile.
Oggi, Halabja rimane una cicatrice nella memoria del mondo, un monito contro l'orrore della guerra e della follia umana. Ma nel cuore di quella tragedia, brilla ancora la luce dell'umanità, un ricordo vivo che ci spinge a lottare per un mondo dove la pace e la giustizia prevalgano sulla violenza e sull'odio.
1988 Halabja
36 anni dopo, i sopravvissuti all'attacco con armi chimiche di Halabja cercano ancora giustizia e verità.
Ricorre oggi il 35° anniversario dell’attacco chimico sulla città di Halabja, da parte dell'allora Regime guidato da Saddam Hussein.
Halabja era una città kurda semi-sconosciuta che ha malauguratamente vissuto un solo brevissimo momento di celebrità. Il 16 marzo 1988, questo piccolo centro agricolo di circa 70mila abitanti, viene bombardata con un composto di iprite, gas nervino e altri agenti letali. Venne sganciata una bomba ogni venti metri. Per sganciarle furono impiegati cinque Sukhoi sovietici, che volarono a bassa quota sulle case per sei interminabili ore. All’istante le vittime sono calcolate in oltre cinquemila; più avanti si parlerà di dodicimila vittime, ma migliaia sono coloro che subiranno lesioni gravi permanenti.
Furono i mezzi di informazione del vicino Iran a dare inizialmente risalto mediatico alla vicenda, attirando l’attenzione delle maggiori testate internazionali, che accorsero fra le rovine di Halabja per documentare quanto accaduto.
La foto simbolo della tragedia: un padre che regge in braccio un bambino, diverrà successivamente una scultura, posta sul memoriale eretto in ricordo delle vittime.
Il Cimitero di Halabja
Il cimitero, un posto mai bello dove andare. Ma quello di Halabja in particolare! ed è lì che ti arriva il primo pugno nello stomaco. È un grande cimitero che si sviluppa in leggera salita costituito da sole lapidi, alcuni monumenti funebri contenenti parole di ricordo e il numero di morti sepolti.
Sono solo lapidi. Una lapide per famiglia. Su ogni lapide sono riportati i nomi di madri e padri, di figlie e figli, di fratelli e sorelle. Alcune con un solo nome e altre con sei, sette o otto nomi… Intere famiglie sterminate dalle bombe chimiche.
Trentasei Anni Fa
Tanto è il tempo trascorso da quando Saddam Hussein, con suo cugino Ali "il Chimico", ha deciso di bombardare i Kurdi con agenti chimici nel pieno della guerra Iraq-Iran. Sono stati colpiti numerosi villaggi, ma Halabja è stata la città più colpita.
Quel 16 marzo 1988 la città si e svegliata con 5mila vittime e un numero imprecisato di feriti (20/25 mila), mentre centinaia di sopravvissuti, nel tempo, si ammaleranno di cancro.
Di solito funziona così. C'è il rumore di un elicottero o di un aereo, e viene sganciata una bomba. Con le armi convenzionali avviene un'esplosione, si forma un cratere, c'è chi muore e chi rimane ferito. Nel caso di bombe chimiche, invece, non finisce lì. Dal punto dell'impatto fuoriesce un gas colorato, e maggiore è la potenza dell'agente chimico più gravi sono le conseguenze sulla pelle, gli occhi, i polmoni dei civili.
Racconti di sopravvissuti di Halabja
Era il 1988 quando Saddam Hussein bombardò Halabja, la città in cui vivevo. Insieme ai miei genitori restammo barricati in un rifugio, con la speranza che gli aerei sopra le nostre teste smettessero di sganciare bombe. Dopo tre giorni, non sentendo più rumori, uscimmo. Credevamo che fosse finalmente tutto finito. In realtà le bombe continuavano a cadere, anche se noi non ce ne eravamo accorti, perché erano diverse dalle altre. Erano silenziose e non esplodevano a terra: erano armi chimiche.
Abbiamo visto i bambini che erano riusciti a fuggire dai cortili ed erano morti sui gradini di casa, altri che piangevano i loro genitori. Rimanemmo fermi per ore fuori dalle nostre case poi, una volta arrivato il buio, fuggimmo sulle montagne. Fortunatamente, il vento cambiò direzione, e i gas ci lasciarono scampo.
Perché Ricordare
L'anniversario di Halabja dovrebbe essere dedicato al ricordo non solo le vittime, ma anche dei carnefici, e soprattutto agli indifferenti che purtroppo sono la stragrande maggioranza dei Governi, che nel 1988 non dissero nulla di fronte alla strage di Halabja.
La retorica celebrativa e vittimaria dei morti è del tutto inutile se non diventa un'occasione per riflettere sulle cause di un doloroso passato. Occorre attivarsi affinché oggi, e nel futuro, i fattori che hanno generato la strage di Halabja non si ripresentino.
16 Marzo
Ridurre il giorno del 16 Marzo a cerimonia di lutto, significa non aver compreso il suo vero senso memoriale. Ed è, questa riduzione, una forma latente di “razionalizzazione” e “rimozione” di fronte al fatto che, in vari modi e forme, l’evento potrebbe ripetersi di nuovo.
Il massacro di Halabja non è una “questione Kurda", ma un monito affinché nulla di simile succeda a qualsiasi altro popolo.
Governo Regionale del Kurdistan - Rappresentanza In Italia