Pace e speranza: da Giovanni Paolo II alla Laudato Si'
di Bruno Bignami
Semi di pace e di speranza sono presenti nel cammino del magistero sociale sull’ecologia. La notte dei tempi è 35 anni fa (1° gennaio 1990), quando Giovanni Paolo II pubblica il Messaggio per la Giornata mondiale della Pace: «Pace con Dio Creatore, pace con tutto il creato».
Il dato importante è che la prima riflessione significativa dell’ambito ecologico avvenga nel contesto della pace, ricollocando la questione all’interno del progetto di shalom biblica. La crisi ecologica è problema morale, frutto di una deresponsabilizzazione. Ci sono danni irreversibili, le cui conseguenze sono a carico soprattutto delle future generazioni. Pur senza usare l’espressione «ecologia integrale» Giovanni Paolo II tiene insieme temi ambientali e questioni sociali, tutela della vita e del lavoro. Non mancano riferimenti ad alcune questioni: la biodiversità come «incontrollata distruzione delle specie animali e vegetali»; la tecnocrazia che si manifesta come manipolazione genetica; la povertà rurale, con contadini costretti ad abbandonare le loro terre; la guerra basata su armi offensive «capaci di alterare gli equilibri naturali»; gli stili di vita, che sono una concreta responsabilità verso gli altri; l’educazione, che esige una conversione nel modo di pensare.
Vent’anni dopo (1° Gennaio 2010), Benedetto XVI pubblica il Messaggio: «Se vuoi coltivare la pace, custodisci il creato» . Al centro vi sono ancora la prospettiva antropologica e la responsabilità morale. Importante la richiesta della solidarietà mondiale: «La questione ecologica non va affrontata solo per le agghiaccianti prospettive che il degrado ambientale profila all’orizzonte; a motivarla deve essere soprattutto la ricerca di un’autentica solidarietà a dimensione mondiale, ispirata dai valori della carità, della giustizia e del bene comune». E non meno preziosa è la reciprocità tra uomo e creazione: «Nel prenderci cura del creato, noi constatiamo che Dio, tramite il creato, si prende cura di noi. D’altra parte, una corretta concezione del rapporto dell’uomo con l’ambiente non porta ad assolutizzare la natura né a ritenerla più importante della stessa persona». Quando l’umanità si è lasciata dominare dall’egoismo ha finito per perdere di vista il mandato ricevuto e la responsabilità di cura. L’uomo è collaboratore di Dio e non deve pretendere di sostituirsi a Lui.
Dal punto di vista concreto, il Messaggio segnala con particolare urgenza la crisi ecologica perché lascia sul campo i profughi ambientali, costretti a spostamento forzato e genera conflitti motivati dalla volontà di garantirsi l’accesso alle risorse naturali. Tale crisi è strettamente connessa con un concetto di sviluppo e una visione antropologica. Lo stato di salute della Terra invoca la saggezza di operare una «revisione profonda e lungimirante del modello di sviluppo» e di riflettere sul senso dell’economia. La crisi ecologica è quindi crisi culturale e morale, tanto da obbligare a una riprogettazione del comune cammino degli uomini. Così, essa diviene occasione di discernimento e di nuova progettualità.
I progetti delineati da Giovanni Paolo II e da Benedetto XVI trovano compimento nell’ampia trattazione di Laudato si’ di papa Francesco. L’enciclica coglie la sfida urgente di proteggere la casa comune e intende raccogliere la famiglia umana nella ricerca di uno sviluppo sostenibile: «L’umanità ha ancora la capacità di collaborare per costruire la nostra casa comune» (LS 13). Si tratta di costruire convergenze tra persone e mondi che non si rassegnano al degrado ambientale di cui soffre il pianeta. Il grido della terra e il grido dei poveri meritano la massima attenzione e possono trovare soluzione solo in un’azione convergente e sinfonica tra i popoli, la politica, l’economia, le fedi religiose. Un futuro migliore può realizzarsi grazie all’impegno di chi cerca di risolvere la crisi ambientale e mettersi in ascolto delle sofferenze degli esclusi. Scrive Francesco: «Abbiamo bisogno di un confronto che ci unisca tutti, perché la sfida ambientale che viviamo, e le sue radici umane, ci riguardano e ci toccano tutti» (LS 14). Ci sono ancora diffusi atteggiamenti negazionisti, indifferenti, rassegnati o tecnocrati che non aiutano a mettere mano ai problemi. Si rende necessaria una conversione ecologica che parte dalle scelte personali per arrivare a politiche ambientali ed economie sostenibili. Senza una conversione comunitaria non ci saranno trasformazioni significative verso relazioni fraterne tra i popoli. La pace è frutto di cura.
Il percorso realizzato dal magistero degli ultimi Pontefici ha in comune il desiderio di seminare pace e speranza a partire dalla questione ecologica. Prendersi cura dell’ambiente è prendersi cura dell’uomo e viceversa. La pace nasce da una relazione rinnovata con il creato. Seme di speranza destinato a crescere nel futuro.
Ringraziamenti:
Pace e speranza da Giovanni Paolo II alla Laudato Si'